Una storia scritta con i piedi
Un manuale, finalmente con dati aggiornati ai giorni nostri, che vuole essere una sorta di libretto di istruzioni per l’accoglienza. Un invito a restare umani e capire il complesso mondo delle popolazioni in viaggio. È disponibile sul sito della Rete dei Comuni Solidali, Recosol, il nuovo libro di Roberta Ferruti scritto a quattro mani con Rita Coco. Una sorta di manuale di istruzioni su come restare umani e capire i motivi che spingono generazioni di persone a spostarsi ad altre latitudini in cerca di una vita migliore per sé e per i propri figli.
I dati pubblicati nel libro sono aggiornati al 2020, è l’unica pubblicazione sul tema aggiornata a questa data.
La percezione di molti, è che i flussi immigratori siano in realtà, grazie a una informazione superficiale e talvolta complice, nuove forme di colonialismo. Proprio le politiche di neocolonialismo economico occidentale, infatti, hanno generato lo sfruttamento del Sud del mondo che causa la maggioranza dei flussi migratori.
Tra l’altro la maggioranza dei migranti che arrivano sulle nostre coste è solo di passaggio perché tenta ricongiungimenti familiari in altri Paesi, o ha indicazioni precise per raggiungere luoghi dove potrà considerarsi più o meno al sicuro. Per fare un esempio, noi in Italia, per citare dati nazionali, abbiamo una media di 1.4 migranti ogni 1000 abitanti, Malta invece, che è un Paese estremamente più piccolo, ha 20 migranti ogni 1000 abitanti, come la Svezia. Questo giusto per farci capire le proporzioni.
Da dove nasce questa paura dell’invasione che hanno i nostri concittadini? Nasce dal fatto che il nostro Paese, da una recente indagine, risulta al terzo posto come Nazione in cui i cittadini hanno una percezione errata della realtà. Siamo un Paese che non legge più di tre righe e affida l’interpretazione e la comprensione dei fatti a contenuti preconfezionati trovati in rete senza alcuna voglia di verificarne le fonti. L’informazione con le sue regole è il passato. Il Meme è il presente visto come realtà assoluta e comprovata. Ci rassicura perché sottolinea il pensiero che abbiamo nella pancia senza andare a scomodare il cervello. Ma non è mestiere della pancia quello di informarsi.
Roberta Ferruti è una giornalista free lance. Ha iniziato negli anni ’90 come cronista collaborando con diverse testate locali e nazionali. Ha scritto per Avvenimenti, Paese Sera, Il Manifesto e L’Espresso. È stata tra i promotori dei primi Gruppi di Acquisto Solidali del Lazio, e ha collaborato alla nascita della prima proposta di legge per l’agricoltura biologica.
Nel 2016 ha iniziato un lungo viaggio in solitudine sulle rotte dell’immigrazione che si è concluso a Riace.
Ci siamo fatti raccontare dalla sua voce il libro di cui vi stiamo parlando, e abbiamo scoperto che in questa pubblicazione, come abbiamo detto la più aggiornata al momento, si possono trovare tutte quelle informazioni che, diversamente, andrebbero ricercate in rete e raccolte in quanto non sono mai state raggruppate in un unico testo.
Non è ovviamente un lungo elenco sterile di dati, ma è anche un racconto chiaro dei flussi immigratori, dalle origini ai giorni nostri e quali sono i trattati che li hanno accompagnati nel corso del tempo.
Ci siamo però voluti soffermare in parte nella nostra intervista sul modello Riace, di cui Roberta è esperta, e ci siamo fatti raccontare i mille modi in cui è stato esportato in altri luoghi. Questa cosa forse non è molto conosciuta ma da quel modello, oggi ampiamente riabilitato, sono partite mille iniziative che hanno permesso a Paesi ormai quasi disabitati di rinascere. Riace è un caso eclatante, ma ci sono esempi simili in tutta Italia nel Sud come al Nord, nelle Alpi.
Per esempio il Comune di Malegno, un Paese che viveva un enorme disavanzo tra natalità e morte della cittadinanza, con una operazione di micro accoglienza, poche famiglie migranti per volta, ha potuto rinascere, la scuola ha riaperto, come anche alcune attività commerciali. Il Sindaco Paolo Erba, ancora in carica, è stato rieletto con il 100% dei voti, un plebiscito decisamente raro in un Paese come l’Italia.
Un altro esempio, Sutera, una storia molto divertente che vale la pena di raccontare.
Il viaggio di alcuni migranti verso questo paesino nascosto nell’entroterra montano della Sicilia inizia quando, dopo la tristemente nota strage in mare del 2015, la Regione Sicilia chiede a tutti i Comuni di accogliere alcune bare per potergli dare degna sepoltura. Il Sindaco accoglie la proposta, ma contemporaneamente si chiede perché accogliere solo i morti quando è possibile dare ristoro ai vivi. Quindi decide di accogliere alcuni migranti provenienti dai centri di accoglienza della Regione.
Partiti dai rispettivi centri, i migranti, dopo ore di viaggio su strade tortuose e impervie verso la loro destinazione di arrivo, affaticati dal viaggio, non volevano più scendere dal pullman. La soluzione è arrivata con una festa, la banda del paese ha iniziato a suonare e i migranti sono finalmente scesi. Oggi Sutera è un esempio di accoglienza che deve la sua rinascita proprio alle migrazioni disperate delle popolazioni in viaggio.
La Rete dei Comuni Solidali sta raccogliendo storie come questa proprio per contrastare la falsa informazione sul tema accoglienza.
Crediti fotografici: Roberta Ferruti e Recosol – Rete dei Comuni Solidali.