Keep Calm: puoi sempre guardarti un film
Il film giusto per lo stato d’animo giusto. O anche per quello “non giusto”. Si sa, in alcuni momenti, non c’è niente di meglio di una buona pellicola per ricordarci che ogni problema può avere un lieto fine. Eccolo, il magico potere della cine-terapia. Ne sono convinti Sebastiano Barcaroli e Federica Lippi che con il loro libro “Keep Calm e Guarda un Film” (Newton Compton Editori) hanno selezionato 101 pellicole tra famosi capolavori, cult di ogni epoca e chicche da cinefili dando prova scritta (e non solo visiva) della funzione terapeutica della Settima Arte.
Soffri di pessimismo cronico? Il favoloso mondo di Amélie. Ti sei innamorata del tuo migliore amico? Harry ti presento Sally. Le tue giornate sembrano tutte uguali? Ricomincio da capo. Non riesci mai a rilassarti? Il grande Lebowski. Dato il periodo di feste, abbiamo deciso di pubblicare di seguito il capitolo dedicato alla più dolce delle tentazioni. Buona lettura.
(P.S.: non vi preoccupate troppo della linea, ci penserete poi… dopotutto, come direbbe Rossella: “Domani è un altro giorno”. E anche dopo Natale, è un altro giorno, aggiungiamo noi di MEMO)
di Sebastiano Barcaroli e Federica Lippi
SEI TROPPO GOLOSO DI DOLCI?
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato
Regia di Mel Stuart. Con Gene Wilder, Peter Ostrum, Jack Albertson
Fantastico/musical, Col., 100’, usa, 1971
Charlie è un bambino sfortunato, vive con i quattro nonni e la madre in una minuscola stamberga, in grande povertà, ma non si perde mai d’animo, anzi, è un ottimista cronico e sa che prima o poi le cose cambieranno. A realizzare i sogni di Charlie ci pensa l’eccentrico Willy Wonka, il proprietario della più famosa fabbrica di cioccolato del mondo. Da anni recluso nella sua stessa “Shangri-la pralinata”, Wonka indice un concorso: inserirà in cinque barrette altrettanti biglietti dorati, chi li troverà potrà visitare per un giorno l’interno della fabbrica, mai aperta al pubblico fino ad allora. E Charlie sarà proprio uno dei cinque fortunati bambini…
Vedere Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (da non confondere con La fabbrica di cioccolato, il micidiale remake di Tim Burton, con un ridicolo Johnny Depp mascherato da Lady Gaga), vuol dire entrare in un mondo di fantasia e marzapane, un sogno al glucosio che non finisce neanche dopo il film, lasciando un retrogusto agrodolce in bocca. Da quel momento, e per sempre, ogni volta che apriremo uno snack al cioccolato spereremo di essere accecati da un bagliore d’oro, di trovare il biglietto che ci faccia entrare nella fabbrica di Willy e ci permetta di conoscere gli stravaganti Oompa-Loompa, gli ometti canterini e laboriosi che creano quei capolavori di arte dolciaria.
Desidereremo visitare, come Alice, un Paese delle meraviglie ad alto tasso di colesterolo, dove gli alberi fruttano gelatine gommose e dove nei fiumi non scorre acqua ma cacao fuso. Nel nostro viaggio al centro del montblanc, potremo anche conoscere l’anima profondamente bipolare di Willy Wonka.
Miliardario, un po’ misogino un po’ schizofrenico, Willy saprà affascinarci e inquietarci al tempo stesso, con quel vestito di velluto viola, il cilindro marrone, gli scatti d’ira e la profonda depressione.
La verità è che Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è un film “doppio”. Per bambini, certo, perché sfama la golosità dei più piccoli a partire dai titoli di testa (riprese di una vera fabbrica di cioccolato con mille colate di dolce pralinato fuso), ma anche per adulti, a cui non passerà certo inosservato il fatto che il “buon” Willy sta somministrando loro una dose di sostanze psicotrope e psichedeliche: alle volte sembra di assistere a un trip di lsd al sapore di amarena.
Willy Wonka è un film a tratti inquietante ricoperto da un manto di zucchero a velo: basta pensare ai contrappassi che Wonka riserva ai bambini troppo golosi, o troppo viziati, o a certe scene disturbanti ed epilettiche come il viaggio sulla WonkaMobile, in cui ci sono violentissime immagini subliminali.
Il 1968 con le sue derive hippie non era lontano e il film è pieno di riferimenti a sostanze e dipendenze, e forse per questo l’autore del libro, il celebre Roald Dahl, disconobbe il film con fermezza.
È buono, Wonka? Oppure è cattivo? È un “corporation man” viziato e schizoide o un inguaribile sognatore? La genialità non gliela toglie nessuno, ma le sue voragini di follia non sono troppo nascoste. Per non parlare dei contratti di lavoro inesistenti per i poveri Oompa-Loompa – nanetti ipercolorati che lavorano indefessi nella fabbrica, senza alcun salario e nell’ignoranza anche delle più elementari norme di sicurezza – o dell’invenzione di dolcetti dal nome estremamente equivoco come il Succhia-succhia- che-mai-si-consuma. Il suo ufficio, dove tutti gli oggetti e il mobilio sono esattamente divisi a metà (metà sedia, metà scrivania, metà quadro…) è la dimostrazione scenografica di un animo perduto nelle sue stesse glassate paranoie. Solo la dolcezza pura e candida (non candita) di Charlie può salvare Willy dagli abissi…
La dipendenza è la sottotrama di tutto il film. Chi è schiavo della televisione, chi della felicità della propria figlia, chi del proprio lavoro come lo stesso Wonka. Non è un caso che ci siano così tanti riferimenti alle droghe. Certo mangiare troppi dolci non è distruttivo come usare sostanze allucinogene, ma affidare la propria felicità a una vaschetta di gelato non è certo un bel modo di addolcire la vita. Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è perfetto per chi vuole mettersi a dieta: vi farà fare una tale indigestione di zuccheri saturi che ci penserete due volte a comprare la versione over-size della vostra barretta preferita.
KEEP CALM E GUARDA UN FILM
Sebastiano Barcaroli e Federica Lippi
(Newton Compton Editori)
Introduzione di Federico Bernocchi
Illustrazioni di Ale Giorgini
Pagine: 352