Memo mette in mostra quella foto
che nessuno deve vedere

Memo mette in mostra quella foto </br>che nessuno deve vedere

Il valore di un’opera d’arte viene definito dalla sua bellezza, dal suo significato, da quello che riesce a comunicare. L’opera d’arte appartiene alla riflessione, al giudizio e alla sensibilità di chi la guarda. Essa, quando è arte, non va mai censurata. A noi di MEMO la foto di Andres Serrano suscita sensazioni contrastanti. Anzi, a dir la verità, non ci piace proprio, ma difendiamo il suo diritto ad essere esposta. Per questo pubblichiamo il testo integrale di Enrico Stefanelli, direttore artistico di Photolux (al via a Lucca sabato 21 novembre), in cui spiega le motivazioni che l’hanno portato a togliere dall’esposizione la foto dell’artista statunitense.

 

di Enrico Stefanelli
Il Photolux è diventato uno dei momenti culturali più importanti a Lucca e si è affermato come uno dei più significativi a livello internazionale, come certificato dalle strette relazioni createsi con le più prestigiose istituzioni fotografiche in tutto il mondo. È un successo costruito con passione, con dedizione, con fatica, e con scelte a volte coraggiose per quanto riguarda le mostre esposte in questi undici anni. Per questa edizione ho voluto proporre un tema difficile e di sicuro controverso, “Sacro e Profano”, e l’ho fatto conscio che avrei rischiato, come direttore artistico e personalmente, di mettermi in una posizione complicata. Quando però due anni fa ho scelto il tema mai avrei potuto immaginare che oggi ci saremmo potuti trovare in un momento così intriso di terrore e di violenza.

Come più volte affermato, attraverso il Festival si è voluto esprimere la forza dell’Equilibrio e del buon senso inserito in un contesto di libertà che da visibilità alla realtà. L’Arte esce dalla normalità e se c’è un’espressione artistica negativa, questa enfatizza ancora di più quella positiva. Perché quando c’è una contrapposizione, questa va ad esaltare la parte nobile.

La mostra, così come il Festival, prescinde da ogni forma di fondamentalismo e di personalizzazione ed è fonte di libertà assoluta. Anzi spersonalizza tutto col fine di far emergere l’Arte sia che essa sia positiva che negativa al fine di introdurre un principio di libertà di espressione. Il tema di questa edizione è “Sacro e Profano”, l’eterno dualismo che, alla fine, deve rappresentare la libertà, l’equilibrio e il valore del Sacro.

Il programma delle mostre è stato costruito con grande equilibrio, con attenzione estrema alla possibilità di permettere una comprensione massima del concetto sotteso a ogni lavoro. In questo contesto, quando si è concretizzata la possibilità di esporre una mostra di Andres Serrano, ho creduto che essa potesse rappresentare il punto di contatto ideale tra i due mondi, pur sapendo che alcune delle opere in essa contenute – e una in particolare – avrebbero potuto essere particolarmente problematiche. Nel 1987, quando fu presentata per la prima volta, Piss Christ creò naturalmente scandalo e ad esso seguirono anni di dibattito, tra chi la considerava solo blasfema e chi aveva compreso l’intento dell’artista che era quello di denunciare la mercificazione delle immagini rappresentanti il Sacro. L’opera ha vinto, nel 1989, il premio Awards in the Visual Arts messo in palio dal Southeastern Center for Contemporary Art e sponsorizzato dal National Endowment for the Arts, un ente governativo statunitense che tutela e finanzia progetti a cui è riconosciuta un’eccellenza artistica.

I sostenitori dell’opera, le attribuirono un significativo esempio di libertà di parola e di espressione in campo artistico; tra i suoi difensori vi fu anche la suora e critico d’arte Wendy Beckett secondo la quale Piss Christ non aveva un intento blasfemo, ma rappresentava il modo in cui la società contemporanea si pone nei riguardi di Cristo e dei valori che rappresenta.

Come ha anche scritto lo storico d’arte, Germano Celant: “Serrano tende ad evitare qualsiasi mimesi legata all’apparenza delle rappresentazioni, con lo scopo di dare sostanza alle ombre che sono consce e inconsce. Le rende manifeste, evitando allo stesso modo una connotazione positiva o negativa, così da renderle accettabili o meno, luminose oppure oscure, per proporre un’interpretazione che unifichi poli opposti. Di fatto la sua intera ricerca dipende da una sintesi tra gli opposti. La parte più bassa intrattiene un dialogo con quella più alta, l’umano con il divino, il terreno con il celestiale. Il suo lavoro fotografico assume una funzione che vuole riconciliare la vita carnale e quella spirituale, sesso e castità, sacro e profano […]”.

La fotografia è uno specchio dove l’osservatore è guidato verso la conoscenza più radicale di sé stesso, fino al punto di apparire tremendo, arrivando al rifiuto e alla condanna di questa visione, com’è accaduto con Piss Christ, 1987. La mia convinzione era che, a quasi trent’anni di distanza, il lavoro di Serrano potesse essere visto in chiave storica, avendo esaurito la sua vis polemica negli anni. Con dispiacere mi sono accorto invece che la coscienza socio-culturale ha dimostrato una inadeguatezza al riconoscimento della libertà di espressione artistica e ho dovuto constatare che i tempi e i luoghi non sono ancora sufficientemente maturi per il riconoscimento della libertà di espressione.

Al contempo, mi ha riempito di felicità trovare nelle istituzioni che sostengono il Festival e ne permettono l’esistenza (Comune, Provincia, Regione, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Fondazione Banca del Monte di Lucca) un atteggiamento di assoluta apertura. Indipendentemente dal loro sentimento di non condivisione riguardo l’oggetto della controversia, esse hanno fortemente voluto far prevalere il rispetto della libertà di espressione artistica sopra ogni altra cosa. Lo stesso vale per tutti coloro che hanno espresso solidarietà al sottoscritto e al Festival. Ed è per questo che a loro va il mio più grande ringraziamento, perché mi hanno permesso di valutare la situazione e prendere una decisione senza ulteriori pressioni. Decisione che ho preso, e che è figlia di qualcosa che per me si pone al di sopra di tutto: l’amore per questo Festival.

Poiché il tema scelto oltre la sua altezza di ispirazione è un tema che può suscitare conflitti di natura ideologica, per come si è evoluta la situazione, tenere questa opera vorrebbe dire ridurre tutto il Festival a una sola fotografia e al dibattito su di essa. Tutto il lavoro fatto per costruire un Festival equilibrato e profondo, per portare a Lucca grandi autori internazionali, e per costruire intorno alle mostre un programma straordinario di dibattiti, workshop, letture portfolio ed eventi, sarebbe sprecato. E tutto questo per una fotografia che, al di là del suo valore storico, nulla potrebbe aggiungere alla ricchezza di questa edizione.

Il Festival non lo merita. Lucca non lo merita. I miei collaboratori, che lavorano con dedizione e impegno, e tutti coloro che credono nella Fotografia, non lo meritano. E soprattutto io, non lo merito.

Per questo, e cosciente del fatto che questa fotografia va a toccare in maniera così forte la sensibilità di moltissime persone e di tanti Cristiani che hanno manifestato il loro dissenso e ai quali vanno tutte le mie scuse, ho deciso che Piss Christ non farà parte di questa edizione del festival, e l’ho deciso con serenità, in modo che la polemica ideologica si possa svolgere su un altro piano e in altra sede risparmiando il contesto della manifestazione artistica.

Altresì prendo atto che l’integralismo mediatico ha compiuto un’operazione artistica mostrando il contestato ad un pubblico ancor più numeroso di quello del Photolux. Si è quindi consumato un abuso di potere artistico mediatico.