L’odioso privilegio della libertà

Somiglia all’amicizia la logica: per essere vera, deve valere all’andata e al ritorno. Se così non è, non è logica. E, senza logica, nessun ragionamento sta in piedi. Condizione necessaria ma non sufficiente, se parliamo di verità. La logica, infatti, garantisce la correttezza di un ragionamento, non la veridicità della tesi che espone. È “metodo”, non “merito”. Certifica il “come”, non il “cosa”. Anche un ragionamento logicamente impeccabile, infatti, può contenere una tesi sbagliata.
Uno non vale uno
Anche per questo, è sempre più urgente ristabilire un principio fondamentale: tutte le opinioni sono legittime ma non tutte sono vere. L’uno-vale-uno esiste solo nell’aritmetica elementare dei numeri naturali. Per tutto il resto, è una fesseria colossale. Un esempio? Io sono mancino, suono la chitarra e ho una Fender Stratocaster. Esattamente come Jimi Hendrix. Però non sono Jimi Hendrix. Mettetevi il cuore in pace. Così come ho dovuto fare io, molti anni fa. Lui è lui. E io, come direbbe il Marchese del Grillo, non sono un cazzo. Uno non vale uno. Facciamocene una ragione, una volta per tutte.
Opinioni: legittime ma non equi-valenti
Lo stesso vale per le opinioni. Tutte legittime, per carità. Non tutte equi-valenti, però. Alcune vere, altre false. Punto. Nessuno nega ai terrapiattisti – tanto per fare il primo esempio che mi viene in mente – il diritto di credere che la Terra sia piatta. Questo, però, non significa che quella convinzione non sia totalmente priva di fondamento. Il diritto di esprimerla, inoltre, non modifica minimamente la realtà delle cose. E la realtà delle cose è che la Terra è una sfera. Il che dimostra che la tesi dei terrapiattisti è falsa. Punto. Si mettano il cuore in pace, come io, a suo tempo, ho fatto del capire di non essere Hendrix.
La verità non esiste: le bugie sì
Può darsi che abbia ragione chi sostiene che la Verità non esiste. Una cosa, però, è assolutamente certa: le bugie esistono eccome. E, soprattutto, esistono le stronzate. Ne parlava, ancora in era pre-social, Harry G. Frankfurt (professore emerito di filosofia a Princeton) nel pamphlet “Stronzate. Un saggio filosofico”, pubblicato da Rizzoli nel 2005, anche se il testo originale risale al 1986. Frankfurt spiegava che le stronzate sono “un nemico della verità più pericoloso delle menzogne”. Perché? Semplice: per dire una bugia dobbiamo per forza conoscere la verità; per dire una stronzata, no. Una differenza molto più importante di quello che sembra. Perché chi dice una bugia conosce la verità; chi dice una stronzata, no. Ma, soprattutto, non gliene frega niente di conoscerla. Quando diciamo una bugia, decidiamo deliberatamente di negare una verità. Ma, quando diciamo una stronzata, ci spingiamo molto più in là, perché diciamo a noi stessi e a tutto il mondo che della verità non ce ne frega assolutamente niente!
Oggi, l’opinione pubblica (non solo da noi, in verità) vive molto più di stronzate che di bugie. Stronzate che vengono spacciate come verità rivoluzionarie, e che vengono credute, con una facilità inquietante, da fasce sempre più ampie di popolazione, ormai quasi completamente prive di capacità critiche.
Il corretto (ma inopportuno) sillogismo Cacciari-Agamben
Cacciari (tra i miei filosofi preferiti, dopo Severino) e Agamben non dicono bugie. Dicono verità. E conoscono la logica infinitamente meglio di me. E, infatti, il loro sillogismo non fa una piega.[Qui, il testo integrale – citato da tutti ma, come sempre, letto da pochissimi – della loro riflessione]
“La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B – scrivono – è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica”.
Verissimo.
“Ogni regime dispotico – aggiungono – ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti”.
Verissimo anche questo.
Il decreto sul green pass è un “rischio che si sta affrontando […] con inconsapevole leggerezza”.
Vero.
“Guai” – concludono – “se il vaccino si trasforma in una sorta di simbolo politico-religioso. Ciò non solo rappresenterebbe una deriva anti-democratica intollerabile, ma contrasterebbe con la stessa evidenza scientifica”.
È così, non c’è alcun dubbio.
Le parole, inoltre, sono scelte e soppesate con cura. Cacciari e Agamben, infatti, parlano di “inconsapevole leggerezza” e usano periodi ipotetici e condizionali. Indicano un possibile rischio e le sue – possibili – conseguenze.
Nitro & glicerina
Qual è il problema, allora? Che tutte queste accortezze non bastano. Non più. Non oggi. Non in un momento nel quale in troppi fanno di tutto per mescolare “nitro” e “glicerina” e provocare la più devastante deflagrazione (sociale) degli ultimi 75 anni.
Di qui, le mie perplessità – per quel che valgono, ovviamente – sull’opportunità di una riflessione di questo genere in un momento come questo. Ma è proprio in un momento come questo – obietterete – che due grandi intellettuali devono prendere la parola. Se non ora, quando? Giusto. Proprio perché sono due grandi intellettuali, però, Cacciari e Agamben non potevano ignorare il fatto che le loro parole sarebbero andate incontro a strumentalizzazione certa. Ad uso e consumo del “nemico”, ovviamente. Due come loro, non potevano non prevedere che il “rinnovato auspicio di favorire il dibattito e la riflessione critica” (come si legge nelle righe di presentazione del testo, sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) sarebbe fallito, e che le loro parole sarebbero diventate pietre nelle mani della piazza “io apro”.
Un Colosseo gremito di manichei assetati di sangue
Non serve essere filosofi per sapere che, in questo presente, non c’è più spazio per i ragionamenti. Senza contare che nessun ragionamento è in grado di farsi spazio da solo, se l’opinione pubblica non è disposta a concedergliene almeno un po’.
Viviamo in un Colosseo gremito di manichei assetati di sangue, che incitano i “leoni” (da tastiera e no) a sbranare i “cristiani”. E, sebbene i secondi siano in netta maggioranza numerica, i primi sono decisamente più forti, molto meglio armati (e non solo in senso figurato) e infinitamente più cattivi. Come al Colosseo, sono solo due i giudizi ammessi: pollice alto o verso. Ma il secondo è infinitamente più amato e praticato del primo. L’unico veramente “maschio”. L’unico in grado di imprimere una svolta al Paese. In quale direzione? Nell’unica auspicata da chi miscela nitro e glicerina, che domande!
Sinistra incomprensibile, destra chiarissima
Per questo i sottili distinguo, i periodi ipotetici e i condizionali di Cacciari e Agamben sono stati, immediatamente, trasformati nell’unico modo verbale riconosciuto e preteso dai nitroglicerinisti: l’imperativo.
“Massimo Cacciari contro il green pass”: «decisione di regime»”, ha titolato Libero. “«È un regime». Rissa filosofica sul green pass”, “La sentenza di Cacciari e Agamben sul green pass: «È da regime dispotico»”, “Massimo Cacciari straccia il green pass: così prolungano il lockdown. Vaccino e democrazia, la più grave delle accuse”, gli hanno fatto eco Il Giornale, Il Dubbio e Il Tempo. Un coro unanime quello della stampa di destra, per frustare la gente di sinistra: “Svegliatevi, imbecilli! Non vedete che persino il vostro Cacciari la pensa come noi!”.
Non che sia particolarmente difficile aver ragione di una sinistra fin troppo parcellizzata e sempre più disorientata, la quale paga – a un prezzo altissimo: il più alto degli ultimi cinquant’anni – il fatto che non è mai chiaro cosa significhi davvero la parola “sinistra”, mentre è sempre fin troppo chiaro cosa significhi la parola “destra”.
A dare la massima visibilità possibile a piazze non molto numerose ma molto rumorose, poi, hanno pensato tv e social, i cui “editori di riferimento” sanno talmente bene cosa significhi “sinistra” che non smetteranno mai di provare a cancellare, con ogni mezzo di cui dispongono, quel lemma dal vocabolario della coscienza degli italiani.
“Libertà da benessere”
Da cosa capiamo che l’afflato democratico che fa risuonare le piazze italiane del grido “Libertà!” è tanto improvviso quanto finto, in un Paese nel quale il 48% della popolazione dichiara di volere un “uomo forte al potere”, che non si debba più preoccupare di Parlamento ed elezioni?
Di quale libertà blaterano? Della più discriminante di tutte, ovviamente: fare quel cavolo che gli pare, senza che qualcuno cerchi di rovinargli la festa (o il festino) a colpi di vaccini, tamponi, mascherine, green pass e altre diavolerie del genere! Perché discriminante? Perché la libertà che invocano non è una libertà della quale possono godere tutti ma quella “libertà da benessere”, che è sempre stata e deve rimanere appannaggio esclusivo della minoranza che può permettersi lussi come viaggi, vacanze, discoteche, ristoranti, sprizzini & shottini, palestre, piscine e amenità simili. La minoranza benestante, in sintesi, vuole il “liberi tutti” non perché tutti siano davvero liberi (prospettiva che le fa orrore) ma per essere libera di tornare a godere dei propri privilegi. Dite la verità: non sembra anche a voi assai improbabile che i 13,6 milioni di italiani poveri (5,6mln in “povertà assoluta”, 8mln in “povertà relativa”) – parliamo del 22,9% della popolazione: più di 1 italiano su 5! – possano preoccuparsi di viaggi, vacanze, discoteche, ristoranti, sprizzini & shottini, palestre e piscine?
Ecco, allora, che il celebre “la mia libertà finisce dove comincia la tua” si trasforma nell’inquietante “la mia libertà comincia dove finisce la tua”: meno sei libero tu (minore, cioè, è il tuo spazio di libertà), dunque, più lo sono io. È questa la libertà di cui si grida nelle piazze.
Per le vere discriminazioni non esistono vaccini né pass
Che sia tutto finto e truffaldino, lo dimostra il fatto che quelli che si stracciano le vesti per le (presunte) discriminazioni procurate da vaccino e green pass, non si sono mai preoccupati (né mai lo faranno) per quelle discriminazioni – reali e ben più gravi – che minacciano davvero, e non da oggi, la nostra democrazia. Discriminazioni per le quali, purtroppo, non esiste alcun vaccino e che non possono essere sanate con alcun pass. Né verde né di qualsivoglia colore.
Le donne, ad esempio, vittime da sempre di ogni genere di discriminazione e violenza. Nemmeno se – per assurdo – lo volessero, un vaccino o un pass potrebbero trasformarle in uomini, per aiutarle a trovare lavoro, ottenere quel 20% di in più in busta paga che consentirebbe loro raggiungere la parità salariale (!), o dare loro la forza fisica per evitare di essere picchiate, stuprate o uccise.
Stesso discorso vale per le persone LGBTQI, la cui libertà è osteggiata dalla stragrande maggioranza dei benpensanti e di chi si sente discriminato da vaccini e green pass.
Per non parlare di “negri”: esiste forse un vaccino o un pass che potrebbe renderli bianchi, e sottrarli alle mille discriminazioni che sono costretti a subire?
E i migranti? C’è un vaccino o un pass che li possa liberare dalla schiavitù della povertà o delle torture e delle morti inflitte loro dalle dittature dalle quali cercano, disperatamente, di fuggire.
Vogliamo parlare dei “nuovi schiavi”? Qualcuno di quelli che gridano libertà contro le discriminazioni da green pass ha, per caso, protestato contro le discriminazioni nei confronti di chi è costretto a subire il caporalato (segnalo l’inchiesta apparsa su La Repubblica del 29 luglio scorso), lavoro nero o prostituzione? Esistono vaccini o pass per costoro?
E, ultimi ma non meno importanti, gli elettori. Ogni volta che ci troviamo in presenza di un premio di maggioranza, infatti, il voto di chi sceglie un partito che raggiungerà il quorum, varrà di più del voto di chi sceglie un partito che non raggiungerà il quorum e non otterrà il premium. Quando si entra in cabina, dunque, entrambi i voti valgono 1. Alla fine degli scrutini, però, alcuni voti valgono 1, altri valgono più di 1. Non a caso, la prima volta che si provò a introdurre il “premio di maggioranza”, il provvedimento venne ribattezzato “legge truffa”. Quanti sono scesi in piazza per gridare “libertà” contro questo scempio?
Esistono vaccini o pass per liberarci da queste (e altre) inaccettabili follie? Perché le piazze no-vax e no-green pass non protestano anche per queste discriminazioni? (Queste sì davvero contrarie alla Costituzione!)
Libertà e svastica
Possibile, infine, che nessuno si faccia delle domande, vedendo che, tra quelli che gridano “libertà” – più forte e più rabbiosamente degli altri, ci sono persone che si riconoscono in ideologie – come il nazifascismo – che hanno privato della libertà tre quarti d’Europa per oltre un ventennio, trascinandola nella follia di una Guerra Mondiale dagli esiti devastanti, sia in termini di costi morali (morti e feriti) che economici e sociali.
Possibile che a nessuno venga in mente che, se un nazifascista invoca la libertà, qualcosa non quadra, e che, con tutta probabilità, non sta parlando della libertà così come, comunemente, la si intende?
Politica senza politica
Ma la cosa più grave di tutte è che la politica non ci dice più ciò che crede sia giusto fare. Non indica le ricette per risolvere i problemi, oggettivamente, più importanti e urgenti. Ci dice ciò che le conviene dire, in base a una analisi scientifica quotidiana dei desiderata della piazza-social. Gli analisti del social-marketing individuano le tendenze, le comunicano ai leader che, con l’aiuto di esperti di political-marketing, le traducono in altrettante parole d’ordine. La piazza riconosce sé stessa in quelle parole e i leader – che le ripetono ossessivamente a ogni microfono, telecamera e post – salgono nei sondaggi. E, alla prima occasione elettorale, nei consensi.
Il gioco, dunque, è a chi legge meglio i desiderata della piazza ed è il più veloce degli altri “competitor” politici nel tradurli in parole d’ordine. Quella che chiamiamo classe dirigente non esiste più da un pezzo. La politica dirige assolutamente nulla. Al contrario: è diretta dagli umori della piazza. Piazza a sua volta “ispirata” – per non dire condizionata – da quanto i super esperti nella creazione di wishlist (liste dei desideri) la inducono a desiderare.
E, così, il cerchio si chiude. Con buona pace della libertà. E, ovviamente, della democrazia.