Il sentimento
della lentezza

Per celebrare la Giornata Mondiale della Lentezza, Federico Massimo Ceschin ci racconta la lentezza del “nuovo viaggiatore”. Colui che trova il tempo per vivere il viaggio come azione, ma soprattutto come relazione, alla scoperta degli altri e di se stesso. Federico Massimo Ceschin si occupa di gestione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, in particolare attraverso la ricerca e lo sviluppo di itinerari culturali e percorsi di mobilità sostenibile. Propone modelli innovativi di fruizione e di valorizzazione del patrimonio e dell’identità nazionale, sostenendo l’affermarsi di una nuova “economia della bellezza” (www.economiadellabellezza.it).
di Federico Massimo Ceschin
Nel tempo della propria esistenza, ciascuno di noi esplora il mondo. Il nostro sguardo spazia tra luoghi e territori in una stretta relazione con l’istante, con il momento, con il periodo, con l’età.
Non è un caso se la scienza stessa ci induce a pensare alla velocità come ad una grandezza vettoriale che misura il tasso di cambiamento della posizione di un corpo in funzione del tempo.
Per decenni l’umanità ha rincorso l’abbattimento di ogni barriera spazio/temporale, giungendo fino a celebrare con euforia l’avvento del Concorde, l’aereo di linea che impiegava 3 ore e mezzo a varcare l’oceano fra Parigi e New York, raggiungendo i 2.179 km/h (Mach 2,02). Oggi, il sogno dei giganti aerospaziali – Boeing e Airbus – rivaleggia nell’immaginare la produzione di velivoli ipersonici capaci di superare cinque volte la velocità del suono, fino a 6.000 chilometri orari, consentendo di coprire la distanza tra Europa e Stati Uniti in meno di un’ora.
Allo stesso modo si è evoluto il turismo. Lontani da ogni sentimento di esplorazione e di scoperta dei secoli passati, si è smarrito il senso più profondo del viaggio: un numero sempre crescente di arrivi internazionali si muove per arrivare, consumare l’esperienza che gli è stata promessa e ritornare, con agio e sicurezza, evitando ogni possibile inciampo.
Questo spiega il successo dei parchi a tema, dei villaggi vacanza e persino delle crociere, dove la ricerca dell’intrattenimento si consuma con formule standard.
Tuttavia, anche in questa era di plastica e di petrolio esiste la possibilità di affermare il paradigma di “nuovi viaggiatori”: persone consapevoli, che intendono muoversi con lentezza, curiosità, rispetto e disponibilità all’ascolto, in un ritrovato rapporto tra luoghi e tempi che non sia spinto dal consumismo dell’esistenza ma dal desiderio di soffermarsi a conoscere gli usi, i costumi, le tradizioni e le comunità locali, rigenerandosi nell’incontro con le persone.
Il valore di questo modo di interagire con i sistemi umani e gli ecosistemi si avvicina alla visione del fondatore dello scoutismo mondiale, sir Robert Baden Powell, che nel suo ultimo messaggio ai suoi “esploratori” scriveva: “Lascia il tuo mondo un po’ migliore di come l’hai trovato”. Ecco trovata la chiave.
Viaggiare non è soltanto uno spostamento che richiede velocità ma un attraversamento che promette confronti, incontri insperati e conoscenze inusitate, in grado di restituirci cambiati alla vita. Non solo arrivare, consumare, depauperare, inquinare e distruggere ma ricostruire, arricchire e creare valore. Come? Aprendosi ad un tempo nuovo, di fruizione e di educazione. E vivendo a pieno il viaggio come percorso, senza fretta di giungere alla meta ma godendo e approfittando di ogni istante come elemento evolutivo e di emancipazione: la relazione con gli altri consente di trasformare il senso del nostro passaggio, lasciando un giardino dove prima era un deserto.
Viaggiando lentamente, l’uomo ritrova il contatto diretto con la natura, con i paesaggi, con le persone e riscopre immediatamente e naturalmente una relazione di dipendenza diretta e filiale con il creato. Non serve dottrina, né particolari istruzioni, non complessi modelli matematici o socioeconomici: i luoghi attraversati e le comunità locali di appartenenza possono assorbire nel proprio tessuto i viaggiatori/esploratori, quando li incontrano, perché la loro presenza non ha impatto sulla capacità di carico ma – al contrario – incide positivamente sui destini degli uni e degli altri.
Il mondo intero va attraversando un’era di rapidi cambiamenti, il più significativo dei quali è probabilmente quello che li sottende tutti: il passaggio dall’etica antropocentrica all’etica socio-ambientale, verso una prospettiva ecocentrica caratterizzata dal pensiero collettivo.
L’età dell’usa e getta, del logorio e della distruzione lascerà un mondo nettamente peggiore di quello che abbiamo ricevuto dai nostri padri, ma per fortuna i consumatori contemporanei non sono più spinti dal bisogno ma dal desiderio. Per questo va rapidamente esaurendosi il mondo come è stato concepito negli scorsi decenni, orientato alla crescita infinita, con indicatori desueti come il PIL o altre variabili dipendenti unicamente da rendite di posizione o dall’accumulazione di profitti: le società dovranno necessariamente indirizzarsi verso un’idea di consumo che assuma una propria centralità nel vissuto degli individui, piuttosto che essere algida funzione variabile della produzione.
E’ il trionfo dell’esperienza. Che richiede tempo.
E il tempo è diventato il vero lusso delle nostre vite, abituate ormai a scorrere al ritmo dei tweet, delle timeline e dei selfie, pubblicati tanto istantaneamente da non lasciare più alcun segno di noi e delle nostre esistenze.
Recuperare la dimensione della lentezza consente il riemergere di sensibilità sopite, individuali e comunitarie, consolidando nuove forme di democrazia la cui tendenza conduce ad aborrire forme di appartenenza per censo o per reddito, sostituendole con altre etiche, filosofiche e biologiche, in grado di riconoscere ciascuno di noi per interessi e per stili di vita.
Pertanto i contenuti dello scambio non sono più merci ma comunicazioni, segni, simboli e messaggi. Quando riusciremo a completare il passaggio dal valore d’uso al valore simbolico, persino i beni materiali diventeranno metafore. E alle future generazioni sarà restituita la dignità di vivere in sintonia con le proprie aspirazioni più profonde.
La lentezza è un sentimento. Con un portato che va ben oltre questa giornata dedicata il 6 maggio, consentendo di riparametrare le nostre vite dalla misurazione del profitto a quella dei benefici attesi e percepiti, sottraendo centralità ai prodotti ed ai consumi per restituirla alle persone. Solo così sarà possibile rivalutare fattori a lungo considerati “intangibili” o “inusuali”, a lungo dimenticati dalle politiche economiche: il benessere, la felicità, l’autenticità, l’incontro, la socialità, la convivialità, il piacere e persino il trascorrere delle stagioni. Non sembri poco.