Carla Maria Maggi. L’artista interrotta che è stata ritrovata

Carla Maria Maggi

Essere donna e avere talento (e passione) sono due condizioni dell’esistenza che spesso possono entrare in conflitto. Che siano di ordine sociale, culturale od economico, sono sempre molte le ragioni che possono ostacolare, se non addirittura soffocare, l’attività artistica di una donna.
Ne è un esempio la pittrice Carla Maria Maggi, cui è dedicata la mostra dal significativo titolo “L’artista ritrovata” che verrà inaugurata l’8 marzo prossimo ad Arcore, nella splendida cornice della Villa Borromeo d’Adda, restaurata ad opera del Comune.

Carla Maria Maggi, nata a Milano nel 1913 in una famiglia della buona società meneghina, con avi illustri come l’architetto Giuseppe Piermarini e lo scrittore Carlo Maria Maggi, era riuscita a frequentare l’Accademia di Brera e lo studio del pittore Giuseppe Palanti. A poco più di venti anni una sua tela, La sigaretta, che ritrae una giovane donna bruna, dall’aria sensuale ed enigmatica con una sigaretta accesa in mano, viene esposta con successo alla Permanente di Milano. E i soggetti preferiti della pittrice saranno soprattutto ritratti, ma anche nudi femminili – ritratti dal vero, cosa assai rara per una donna artista -, donne alla toilette, autoritratti e nature morte.

Un corpus costituito da una quarantina di opere, con forme lievi e tinte chiare e luminose, che fanno parlare di chiarismo (secondo la definizione di Borgese), una corrente che ha accomunato alcuni giovani pittori lombardi degli anni Trenta. Carla Maria Maggi ha rappresentato con grande sensibilità la società che frequentava: da una parte il mondo dell’alta borghesia milanese, divisa tra la città e i luoghi di villeggiatura, dall’altra la bohème degli ambienti di Brera e della Scala, liberi e pieni di stimoli.

I suoi quadri diventano così il racconto di un’epoca e di una società, in cui ancora si avvertono spinte innovative, suggestioni internazionali, spiragli di emancipazione femminile. Ma l’Italia è ormai quella del ventennio fascista, la figura proposta dal regime, prolifica donna di casa gerarchicamente subordinata al marito, certo non si attaglia con quella dell’artista. E così, a seguito del matrimonio, del mutato spirito dei tempi e con il secondo conflitto mondiale all’orizzonte, Carla Maria Maggi mette da parte la propria attività di pittrice. Anzi, la mette letteralmente in soffitta, nella casa di villeggiatura, insieme a tele, colori e cavalletti. E qui la ritroverà per caso, il figlio Vittorio Mosca, che da allora si è dedicato a far luce sul passato artistico della madre.

Si sono interessati all’opera della Maggi storici e critici d’arte quali Rossana Bossaglia, Vittorio Sgarbi e Elena Pontiggia. Le opere della Maggi sono state esposte a Milano, a Londra e, con straordinario successo al National Museum of Women in the Arts di Washington (dove La Sigaretta, capolavoro della pittrice è rimasta esposta, in prestito temporaneo, per qualche anno); sono diventate motivo di riflessione e studio della condizione delle donne artiste fino a tempi molto recenti, ma anche ragione di riscoperta della poco nota, ma interessante, pittura della Milano degli anni Trenta.

Incaricata dagli eredi della pittrice, nel 2007 Simona Bartolena ha scritto un volume dedicato alla Maggi, pubblicato dalla casa editrice Skira. L’anno successivo Palazzo Reale di Milano ha ospitato una mostra, curata dalla Pontiggia con un contributo della stessa Bartolena, interamente dedicata all’opera della pittrice messa in relazione con gli altri grandi ritrattisti del suo tempo.

A dodici anni dalla mostra a Palazzo Reale di Milano, dunque, l’opera della Maggi torna a essere esposta pubblicamente, grazie alla collaborazione degli eredi della pittrice, in un evento curato da Simona Bartolena.
La mostra, inserita nel calendario MuseoCity2020 e visitabile fino al 3 maggio, è raccontata attraverso il corpus pressoché completo delle opere della pittrice, inclusa una tela inedita, recentemente trovata in una collezione privata, e mediante pannelli didattici che ne narrano la vicenda personale.

In apertura, Maggi nello studio 1938, olio su tela 35×55 cm