PERFUMUM
L’EFFIMERO NECESSARIO

È sogno e meraviglia.
È magia, arte e mistero.
È fermare il ricordo in un attimo eterno.
In una sola parola è Profumo!

La mostra PerFumum – I profumi della storia, a Torino nelle sale di Palazzo Madama, fino al 21 maggio, racconta l’evoluzione di un bisogno quanto mai effimero e proprio e per questo necessario.

L’etimologia della parola è di origine latina, per fumum. In modo letterale significa “attraverso il fumo” e ci riconduce direttamente alle sue due funzioni più antiche: quella religiosa e quella profana. Attraverso i fumi degli olii profumati si rende omaggio agli antenati. Lo fanno nell’Antico Egitto, ma anche a Palmira e Babilonia, in Asia. Oltre alla funzione sacra, presto gli antichi scoprono quella magica e terapeutica, oltre a quella seduttiva ed estetica. Nell’Antico Egitto, a mano a mano che il lusso entra nelle case dei ricchi il profumo diventa un commercio redditizio, oltre ad essere utilizzato nel rituale dell’imbalsamazione. Si sa che durante il regno della regina Hatshepshut alcune spedizioni di olii giunsero fino in Somalia ed Etiopia a sancire la nascita dell’industria del futuro.

Durante il Medioevo, la conservazione di ricettari di profumi si deve alla Chiesa e allo scambio commerciale con gli Arabi. L’uso dell’incenso si diffonde nelle celebrazioni cattoliche e gli aromi sono considerati un dono nelle occasioni politiche più importanti. Inoltre, grazie alle Crociate, vengono importate dall’Oriente nuove fragranze e si riprende l’uso della toeletta con unguenti. In particolare, offrire agli ospiti bagni e piccoli recipienti per le mani, con acqua e fiori, era ritenuta una pratica di buona educazione. Intorno al 1200 nascono le corporazioni degli speziali e degli apotecari. Le dame portano sacchetti con fiori d’arancio, lavanda e violetta sotto le vesti e a mano i pomanders, contenitori per lo più sferoidali contenenti varie sostanze odorose; alcuni erano oggetti lussuosi, cosparsi di gemme e pietre preziose. A Salerno, nel 1320, nasce la profumeria alcolica: si inizia a utilizzare l’alcool come eccipiente dell’aroma al posto dell’olio. Il primo profumo proto-alcolico famoso, datato 1370, è quello di rosmarino, timo e lavanda della regina Elisabetta, chiamato in suo onore “Acqua di Ungheria”. La leggenda vuole che un eremita le regalò il profumo promettendole bellezza eterna. All’espandersi della peste, nel 1347, si bruciano nelle case alloro e rosmarino e i pavimenti sono cosparsi di erbe profumate. Le persone ricche annusano continuamente profumi per le loro proprietà ritenute igienizzanti.

 

Nel Rinascimento fioriscono i commerci e la stampa a caratteri mobili facilita gli scambi culturali. La chimica, a scapito dell’alchimia, migliora la qualità dei distillati e la riscoperta degli scritti greci e latini permette la diffusione di numerosi manuali tecnici, tradotti in francese e italiano, per la creazione di sostanze profumate per vestiti, case e corpo. Alcune sostanze di origine animale si inseriscono nelle ricette perché si riteneva avessero poteri magici e afrodisiaci. La Spagna e il Portogallo scoprono nuove rotte marittime e Venezia viene spodestata dal ruolo di regina dei commerci. Dal Nuovo Mondo arrivano vaniglia, coppale, cacao e tabacco, dalle Indie cannella, zenzero, pepe, garofano. La moda dei profumi si espande con Caterina de’ Medici, la quale portò in Francia il suo profumiere che aprì una sua bottega e la strada ad altri italiani. Il prodotto più in voga del momento è la cosiddetta pelle profumata. Le essenze prendono il posto dell’igiene personale e coprono cattivi odori e sporcizia. Da quest’epoca i flaconi iniziano a rientrare nel campo delle arti decorative.

 

Nell’età moderna il mercato delle pelli odorose si amplia e con la stessa tecnica vengono creati anche guanti, gilet, farsetti, calzature, cinture, cofanetti, ventagli. Le profumazioni prevalenti sono gelsomino e rosa. Il primato nell’arte della profumeria passa alla Francia. Le essenze sono contenute in porcellane e flaconi di vetro o vengono disperse negli ambienti grazie a bruciaprofumi o pot-pourri. Dall’idea di un venditore ambulante italiano trasferitosi in Germania nasce la celebre “Acqua di Colonia”.

 

Ma è nel Novecento che si comprende del tutto l’importanza della presentazione accattivante. Il primo è il profumiere francese François Coty, diventato famoso per aver dato il via al sodalizio tra l’arte vetraia e quella profumiera dopo aver commissionato al vetraio Lalique i flaconi dei suoi profumi Origan (il primo “orientale” della storia) e Cyclamen. La fama di Lalique e Baccarat, altra famosa vetreria, resta intatta anche negli anni Venti e Trenta, quando i più famosi stilisti iniziano a creare profumi e a commissionare boccette con motivi tipici del loro design. Le fragranze abbandonano i motivi descrittivi floreali per diventare sempre più astratte. Negli anni Cinquanta vedono la luce alcuni tra i più famosi flaconi realizzati da artisti del vetro: Diorissimo, un’ode al mughetto, fiore-feticcio di Christian Dior, L’Air du Temps e Femme, ispirato alle giunoniche forme di Mae West. A questi si affiancano bottiglie più semplici, fabbricate in serie e decorate però con plastica e stoffa. Il lancio di Youth Dew del 1952 sancisce la nascita della profumeria americana. Contemporaneamente diventa di moda il vetro opaco. Negli anni Ottanta la voglia di apparire è sempre più forte e si segnalano boccette con linee lussuosamente arrotondate e decori finissimi con smerigliature, rilievi, impronte. Il vetro diventa sempre più colorato e i tappi sono elementi decorativi, soprattutto a tema animale e vegetale. Moschino riprende il trend del flacone figurativo. La sua bottiglia di plastica più famosa raffigura Olivia di Braccio di Ferro.

 

I flaconi del Duemila, infine, ci raccontano di un target lussuoso ed esclusivo, coi loro elementi color oro sulla bottiglia, sul tappo e sull’etichetta come Mahora (rinominata Mayotte qualche anno dopo), Theorema, J’Adore, Jubilation XXV e Black Orchid. Continua il trend del flacone opaco con Narciso Rodriguez e Hypnotic Poison. La profumeria artistica si intravede sia nei flaconi più esuberanti, come quello di I love Ny, sia in quelli più sobri come Acqua di Parma. Altri, come quelli di Anonimo Veneziano con loro forme vintage e le fragranze di ispirazione retrò, diventano protesta contro il profumo come prodotto del consumo di massa.

 

PerFumum – I profumi della storia, curata da Cristina Maritano e allestita in Sala Atelier, conta duecento oggetti, tra oreficerie, vetri, porcellane, affiches e trattati scientifici, appartenenti alle collezioni di Palazzo Madama e numerosi prestiti provenienti da musei e istituzioni torinesi, come il MAO Museo d’Arte Orientale, il Museo Egizio, il Museo di Antichità, la Biblioteca Nazionale, la Biblioteca Guareschi del Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco. Importante anche il contributo di realtà nazionali come il Museo Nazionale del Bargello, Gallerie degli Uffizi, il Museo Bardini e la Galleria Mozzi Bardini di Firenze e il Museo di Sant’Agostino di Genova. Fondamentale è stata la collaborazione con il Musée International de la Parfumerie di Grasse (Francia) che ha messo a disposizione anche gli apparati multimediali sulle tecniche della profumeria. Il contributo di molti collezionisti privati ha permesso di radunare un’ampia selezione di flaconi del Novecento. L’Associazione culturale torinese Per Fumum, fondata da Roberta Conzato e Roberto Drago, organizza una rassegna di incontri internazionali sulla cultura dell’olfatto rivolta a tutto il mondo degli appassionati della profumeria. In occasione della mostra, il creatore di fragranze Luca Maffei, creerà degli odori-profumi ispirandosi alle collezioni storiche del museo del periodo romano, medievale, rinascimentale e barocco che verranno diffusi nelle sale del Palazzo.

 

Aperto tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00
CHIUSO IL MARTEDI’
La biglietteria chiude alle 17.00

http://www.palazzomadamatorino.it/it/eventi-e-mostre/mostra-perfumum-i-profumi-della-storia

palazzomadama@fondazionetorinomusei.it