Perché dobbiamo essere Partigiani della Sostenibilità

Alla fine è arrivato il tempo dei Partigiani della Sostenibilità. Scriveva Antonio Gramsci: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (…). L’indifferenza è il peso morto della storia”.
Vengono alle mente le definizioni di ecologia integrale di Papa Francesco nella Laudato si’. Anche lui vede nella cultura dello scarto il peso morto della storia. Dobbiamo ritrovare l’equilibrio o, per meglio dire, la simbiosi con la natura: “Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura”. Una frase che sembra una sintesi perfetta anche per il tanto citato mondo del rischio finanziario definito dagli ESG. L’ambiente costruisce la relazione indispensabile e necessaria tra la natura e la società che la abita: “Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà”.
L’inquinamento è una metafora del consumismo e non del consumo, dello spreco e non dell’abbondanza, dell’abbandono e non solo dell’incuria. Noi siamo animali abituati alla produzione. È la nostra natura, è quello che ci differenzia dagli altri esseri viventi sulla terra. E la produzione deve sempre essere rivoluzionaria.
Per questo abbiamo bisogno dei Partigiani della Sostenibilità. Dobbiamo diventare tutti noi, uomini e donne di buona volontà, dei militanti contro l’indifferenza. Lo dobbiamo fare per combattere l’ombra oscura della falsità e la muffa maleodorante dell’indifferenza. Lo dobbiamo fare per il futuro dei nostri figli. Lo dobbiamo fare perché anche se in fondo non sarà tutta colpa nostra, siamo noi quelli chiamati a trovare la soluzione. Il futuro esisterà solo se sapremo costruirlo. E mai come oggi parole così retoriche e fastidiose come quelle che ho appena scritto definiscono il destino. Sembra di giocare la partita a scacchi contro la morte del Settimo Sigillo di Ingmar Bergman.
Volete comprendere il conflitto?
Da una parte ci sono i promotori dell’Appello sul Clima: “Considerate le evidenze di aumenti di ondate di calore e siccità, di ritiro dei ghiacciai alpini, di aumento delle ondate di calore marine e, in parte, di aumento degli eventi estremi di precipitazione, appare urgente porre il problema climatico in cima all’agenda politica”. Dall’altra i firmatari del World Climate Declaration sostengono che: “L’origine antropica è una congettura non dimostrata”. I primi, per fortuna, sono tanti, i secondi pochi, ma tra chi dice che c’è un problema complesso da risolvere che richiede fatica, finanziamenti e cambiamenti radicali e chi sostiene che al contrario non ci sono problemi, vinceranno sempre i secondi.
L’algoritmo del consenso funziona così.
Per questo dobbiamo essere noi, Partigiani della Sostenibilità. Lo siamo nella consapevolezza non retorica dei nostri gesti quotidiani, nella spinta politica verso decisioni pubbliche coerenti con la nostra visione personale e collettiva, con le scelte che indicano non più la strada della crescita o della decrescita che sono ormai solo vecchie definizioni economiche e politiche “lineari” segnate del tempo passa. Non dobbiamo vergognarci di essere “consumatori”, dobbiamo semmai trovare il modo di esserlo a misura d’uomo. Parlare di economia circolare non significa avere un approccio new age nei confronti dell’esistenza e nemmeno calcolare il diametro di una circonferenza, significa fare le cose in modo diverso, cambiare il paradigma produttivo, suonare una vecchia canzone blues che ripete all’infinito che dobbiamo e possiamo fare meglio con poco, meglio con poco, meglio con poco…
I Partigiani della Sostenibilità combattono una battaglia di liberazione in nome e per conto del nostro Benessere. Ma quanto vale il Pil del Benessere? Ovvero quanto ci costa il Pil del Malessere?
Li abbiamo mai fatti questi conti?
Viviamo un momento molto pericoloso. Il negazionismo sulla crisi climatica, la fine annunciata e mai smentita delle materie prime e le devastazioni energetiche che impattano sul nostro stile di vita raccontano davvero il peso morto della storia, la nostra storia. Senti che sta arrivando lo scetticismo dei leoni da tastiera, delle parole dette a caso al bar, dell’ipocrisia tanto al chilo travestita da luogo comune. In fondo il petrolio c’è ancora, Rubbia dice che non è vero tutto quello che si dice e lui è un premio Nobel, e poi c’è il mercato e poco importa se oggi è proprio il mercato a dettare le regole della nuova compliance economica e finanziaria. Male che va, cresceremo di meno o al massimo decresceremo un po’. Ma poi tutto si aggiusta. E chi l’ha detto che è davvero colpa nostra, mica c’erano le macchine diesel durante le glaciazioni terrestri. Perché in fondo voi che parlate di ambiente e teorizzate la fine del mondo state solo lavorando sulla paura. State facendo con il clima quello che avete fatto con il Covid. E tu vagli a spiegare che dobbiamo diminuire le emissioni di CO2, che serve una nuova politica energetica, che occorre risparmiare materia e che dobbiamo imparare il blues del meglio con meno.
Tempo perso.
Per fortuna un Partigiano della Sostenibilità ce l’abbiamo già. È il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Conosce bene il pericolo dell’indifferenza. Insieme ai capi di Stato di Grecia, Portogallo, Malta, Croazia e Slovenia, ha preso carta e penna e ha lanciato un appello all’Unione europea e a tutte le Nazioni che si affacciano sul Mediterraneo e all’intera comunità internazionale. Non è Gramsci ma il tono del monito è più o meno lo stesso: “Come previsto, la crisi climatica è arrivata e ha raggiunto dimensioni esplosive, tanto che si parla ormai di stato di emergenza climatica”. Non c’è spazio per teorie complottiste e negazioniste, c’è solo la drammatica verità dei fatti: “I suoi effetti sono visibili soprattutto nella nostra regione, il Mediterraneo, che è gravemente colpita e a rischio immediato non soltanto di scarsità di acqua ed elettricità, ma anche di inondazioni, diffuse ondate di calore, incendi e desertificazione”. Quello che sta avvenendo ormai a giorni alterni non è quindi la sterile riproposizione di qualcosa che c’è già stato. Non serve frugare nella memoria dei nostri nonni per dare una giustificazione agli eventi in corso: “Non c’è più tempo da perdere, non c’è più tempo per scendere a compromessi per ragioni politiche o economiche, è imperativo agire e prendere iniziative urgenti ed efficaci”. Se non c‘è più tempo occorre una politica urgente per il recupero “indifferenziato” del tempo perso.
Aveva ragione Gramsci, l’indifferenza è la malattia da sconfiggere se vogliamo vivere una nuova sostenibile leggerezza dell’essere. Perché se è vero che Milan Kundera è morto, è altrettanto vero che anche noi non stiamo poi così tanto bene.