Annie Proulx e del perché abbiamo bisogno delle paludi e della loro umidità

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“Questo libro è dedicato al popolo dell’Ecuador, che ha fatto della sua terra il primo paese al mondo a inserire nella costituzione i diritti legali degli ecosistemi naturali. La recente sentenza contro le società minerarie volta a proteggere la foresta nebulosa andina di Los Cedros è un evento di grande significato per il pianeta”. Con questa dedica inizia La palude, di Annie Proulx, un capolavoro di scrittura naturalistica, pubblicato da Aboca Edizioni, in cui l’autrice, vincitrice del premio Pulitzer, analizza la storia delle zone umide come le paludi e gli acquitrini e della loro sistematica distruzione.

Annie Proulx è nata nel 1935 nel Connecticut in una famiglia di naturalisti dilettanti che nutrivano “un’intima devozione verso i silenziosi boschi coperti di muschio ed erano sempre elettrizzati quando vedevano i falchi selvatici sfrecciare verso nord nella loro migrazione primaverile”. Ancorata a quel tempo infantile, in cui era normale addormentarsi sotto agli alberi guardando la luce del sole filtrare tra le foglie, Proulx ha voluto testimoniare il proprio senso di appartenenza al mondo naturale con uno scritto di straordinaria sintesi scientifica e altissimo valore letterario dedicato allo studio delle zone umide, terreni di fondamentale importanza nella salvaguardia dell’intero ecosistema, capaci di trattenere i gas serra e di rallentare il processo dei cambiamenti climatici. Le paludi, gli acquitrini e quelle speciali zone umide che formano la torba sono indispensabili per la sopravvivenza del pianeta e Proulx documenta il modo in cui gli esseri umani nei secoli hanno interagito con queste terre, denunciando la loro sistematica distruzione. In un viaggio sorprendente attraverso le Hudson Bay Lowlands del Canada, le Paludi del Vasjugan in Russia, le foreste torbiere in Indonesia (che gli industriali disboscano, bruciano e arano per ottenere piantagioni di olio di palma), Proulx evoca un paesaggio che nel tempo è andato progressivamente sgretolandosi – acquitrini dove brulicavano anguille e storioni, castori e lontre, falchi pescatori e gru – condividendo un sentimento di tristezza e la consapevolezza, e il monito insieme, che il destino di queste terre interesserà tutti.

Su gentile concessione di Aboca Edizioni pubblichiamo la prefazione da “La palude” Breve storia della distruzione delle zone umide e del suo ruolo nella crisi climatica.

Zone umide e crisi climatica

di Annie Proulx

Queste pagine sono nate come un saggio personale che doveva aiutarmi a comprendere le zone umide, così strettamente legate alla crisi climatica. La letteratura sul tema abbonda e ho dovuto limitare il raggio a quelle speciali zone umide che formano la torba, capace di trattenere i gas serra, l’anidride carbonica e il metano: le torbiere basse, le torbiere alte e le foreste torbiere, e il modo in cui gli esseri umani nei secoli hanno interagito con esse. Il saggio si è allargato fino a diventare un libricino. Io non sono una scienziata, e buona parte del materiale da me raccolto era articolato in un lessico specializzato che ho cercato, quando possibile, di evitare. Ho il sospetto che questo abisso di linguaggio esoterico sia una parte importante dello scollamento tra scienza e comuni lettori.

Ci sono persone che amano rintracciare le idee e le loro ramificazioni in posti improbabili e vecchi libri; io sono una di queste. Mi capita spesso di restare incantata quando un concetto o una frase bizzarri appaiono sulla pagina, spesso denudando un collegamento invisibile. È un po’ come un nebbioso mattino estivo, quando vediamo ragnatele imperlate tese tra steli e gambi, tra albero e terreno, tra ramo e foglia. Mentre il sole riscalda la terra le gocce evaporano, e insieme a esse evapora l’illusione che il mondo intero sia tenuto insieme da esili fili di ragno.

[…]

L’idea settecentesca di Alexander Pope di un genius loci appare nei suoi Moral Essays in forma di raccomandazione agli architetti paesaggisti di tenere a mente il “genio”, o spirito, di un luogo naturale. Questo conserva il suo significato se pensiamo alle torbiere alte, alle torbiere basse e alle foreste torbiere. Mi interessava capire perché stiamo subendo i disastri di cambiamento climatico, deforestazione, siccità e alluvioni, incendi incontrollati, pandemie virali, mal di testa, depressione e instabilità politica, e, se la perdita delle zone umide naturali rappresentava un elemento chiave di questo disfacimento, volevo sapere come si fossero formate, come fossero cambiate e perché scomparissero quando gli esseri umani ignoravano il genius loci. Volevo sapere come gli esseri umani avessero interagito con le zone umide nel passato e nel presente. La vecchia immagine di una “rete della vita” dalla complessità infinita che teneva insieme il mondo è ancora utilizzabile, ma la ragnatela capace di curarsi da sola è stata lacerata dagli esseri umani in tanti punti che ha smesso di funzionare.

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Annie Proulx, La palude, Aboca Edizioni, 2023.