Benvenuti nella città dei violini. E del suo museo
Pensi a Cremona e senti suonare i violini. Violini rinomati, frutto del lavoro di maestri liutai che sono conosciuti, stimati e richiesti in tutto il mondo. Violini inimitabili, che hanno fatto la storia. Li incontri esposti nelle più di duecento botteghe liutaie che ti accompagnano lì, dove alcuni degli esemplari più importanti al mondo fanno bella mostra di sè: il Museo del Violino, che ci parla di un patrimonio comune, che appartiene a tutti come di tutti è la musica.
Inaugurato nel 2012, il Museo conserva un patrimonio materiale che scopriamo, capiamo, ascoltiamo, osserviamo nella sua perfezione di oggetto d’arte e di strumento musicale insieme, in una dualità imprescindibile per il racconto che ogni pezzo disvela insieme alla vicenda umana e imprenditoriale delle dinastie dei maestri che li hanno prodotti: Amati, Guarneri, Stradivari.
Questa storia la scopriamo sala per sala, dai primi precursori del violino, alla bottega del liutaio, che attraverso una ricostruzione fedele ci parla dell’oggetto e della sua realizzazione pratica, passando poi nella sala immersiva dove si ascolta la musica davanti a un planisfero che ricostruisce il viaggio degli strumenti partiti da Cremona per arrivare in tutto il mondo. Già qui la narrazione è fatta: da un piccolo centro la bravura, l’unicità, la capacità portano al successo. Il Museo ospita sette violini, una viola, un violoncello, frutto di acquisizioni e donazioni, e numerosi strumenti originali appartenuti a Stradivari – scalpelli, pinze, sgorbie, lime e altro ancora – oltre a disegni, modelli e forme originali.
Punta di diamante della collezione è “il Cremonese”, datato 1715, violino Stradivari realizzato al culmine della carriera del maestro, eletto a simbolo della città di Cremona. Già proprietà del violinista e compositore ungherese Joseph Joachim, ha dato avvio alla collezione museale nel 1961 con lo scopo, promosso dal sindaco e direttore del Museo Civico Alfredo Puerari, di puntare un faro sul ruolo cardine della liuteria cremonese e sui suoi grandi rappresentanti, per regalare alla città “uno Stradivari che suoni ancora.”
Il Cremonese giunse nella città in cui fu creato lo stesso giorno in cui, più di due secoli prima, il suo creatore moriva. Si tratta di un violino di grandi dimensioni, un pezzo straordinario per le qualità acustiche e la particolare costruzione del suo fondo in un unico pezzo di legno di acero.
E proprio “il Cremonese”, ospitato a Parigi per due mesi nello scorso autunno, ha dato vita a uno scambio culturale con il Musée de la Musique di Parigi, che ha come contraltare l’arrivo a Cremona dell’altrettanto celebre “Serasade” di Stradivari, protagonista di una mostra monografica dedicata dal prossimo 6 settembre al 6 gennaio 2025.
In occasione del trecentesimo anno dalla sua costruzione, il violino è stato oggetto di studi approfonditi, che chiariranno non solo le vicende proprietarie, ma anche e soprattutto le caratteristiche strutturali e costruttive di quello che è a tutti gli effetti uno dei violini più conosciuti al mondo anche per essere stato uno dei primi strumenti ad accompagnare in tournée internazionali i violinisti che hanno fatto la storia della musica, su tutti l’indiavolato Niccolò Paganini che infatti prediligeva strumenti cremonesi: il “Cannone” di Giuseppe Guarneri del Gesù e, appunto, il “Serasade”.
Considerato il più alto interprete della tradizione liutaria cremonese, Antonio Stradivari ha imparato, studiato, si è ingegnato nella continua ricerca di una maggiore potenza di suono, nella ricerca dei migliori legni della val di Fiemme trattati alla sua maniera, progettando manici più inclinati, le corde più tese per meglio soddisfare i virtuosi dell’archetto; ha capito che era necessario stare al passo di una società moderna, in cambiamento: si suona nei teatri dove il melodramma è diventato cultura di massa e tutti devono sentire, tutti devono stupirsi del suono nuovo e guizzante del violino. Liutaio e violinista entrano insieme nel mito, ed è così che tutti vogliono uno Stradivari. E lui ne realizza più di mille.
Questa è una storia fatta di tentativi e aggiustamenti, della conoscenza profonda del materiale vivo, il legno, forgiato dalle mani abili e dalla passione per un mestiere che è diventato imprenditoria e unicità: un patrimonio immateriale, quel saper fare liutario, che Cremona ha voluto da sempre esaltare e proteggere fino a ottenere il riconoscimento dell’UNESCO di quella capacità di creare, truciolo dopo truciolo, uno strumento che è oggi frutto di studio specializzato, della costruzione di un rapporto tra maestro e allievo in bottega, della condivisione di visioni e pratiche in una comunità creativa in continuo dialogo anche con i musicisti.
Tutto questo lavoro per produrre il suono, che resta protagonista: si perpetua nelle sale del Museo attraverso le note di quegli stessi strumenti che incontri nella galleria espositiva, suonati in audizione virtuale da grandi musicisti e, due volte a settimana, dal vivo nell’auditorium Giovanni Arvedi, dove i violini tornano nelle mani dei solisti.