Chiedi chi erano i Beatles. La copertina di Sgt. Pepper’s vi risponderà…

Oggi si celebra il cinquantesimo compleanno di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band – l’album capolavoro dei Beatles, che uscì esattamente il 1° giugno 1967 – con la proiezione nei cinema del documentario diretto da Alan Parker The Beatles: Sgt. Pepper & Beyond, che ne racconta la genesi e il contesto storico. Al di là del suo immenso valore musicale e della grandezza di tutti i brani che lo compongono – nei quali il quartetto di Liverpool, dopo la decisione di non esibirsi più in tournée, riversò tutta la sua creatività e la voglia di sperimentare – il disco deve parte della sua fama alla memorabile copertina, realizzata da Jann Haworth e Peter Blake e vincitrice del premio Grammy, che è a tutt’oggi considerata uno dei massimi esempi di pop art, al pari delle serigrafie di Marilyn Monroe realizzate nello stesso anno da Andy Warhol. Ed è proprio la diva americana uno degli oltre 70 volti – alcuni famosi, altri ignoti e altri ancora perfino inanimati – che appaiono sulla copertina dell’album e che rappresentano i personaggi simbolo per la band, quel pubblico ideale di fronte al quale i quattro avrebbero desiderato esibirsi superando le frontiere del tempo. Chi altro c’era? Eccovene alcuni, e divertitevi ad associare i nomi ai volti.

Innanzitutto, gli stessi Beatles appaiono in ben due versioni: quella riferita al disco, nelle vesti dei membri della band fittizia del titolo, con indosso le famose giacche multicolori di epoca edoardiana, e quella del passato, in forma di statue di cera. Non sono i soli musicisti in scena: sparsi in mezzo agli altri, si notano anche Bob Dylan (per i Beatles un vero riferimento), l’ex-beatle Stuart Sutcliffe (morto a soli 21 anni nel 1962), il compositore d’avanguardia Karlheinz Stockhausen e i meno noti Dion DiMucci (rocker americano di inizio anni Sessanta) e Bobby Breen (cantante bambino degli anni Trenta). Assai nutrita è la presenza di attori cinematografici: accanto a divi antichi (Tom Mix, Mae West, Johnny Weissmuller, Marlene Dietrich, Tyrone Power) e loro contemporanei (Marlon Brando, James Dean, Tony Curtis, Diana Dors e la già citata Monroe), trovano spazio star del musical quali Fred Astaire e Shirley Temple (quest’ultima in due versioni), e della comicità, fra cui Stan Laurel, Oliver Hardy, W.C. Fields (uno dei primi comici del cinema sonoro) e Max Miller (artista britannico di cinema e teatro molto noto fra le due guerre). Sempre al mondo dello spettacolo appartiene il cabarettista e monologhista americano Lenny Bruce, morto giusto un anno prima.

Nutrita è anche la presenza di figure legate al mondo dell’occultismo (Aleister Crowley) e di guru indiani (fra cui Paramhansa Yogananda), che testimonia l’interesse della band di Liverpool nei confronti di una spiritualità alternativa che permetteva l’esplorazione di realtà sconosciute (spesso incoraggiata dall’uso di sostanze lisergiche); quella stessa tendenza che giustifica la presenza di autori della letteratura fantastica e dell’orrore (Edgar Allan Poe, Herbert George Wells) o comunque influenzata da visioni di altri mondi quali Aldous Huxley, Lewis Carroll e il narratore della Beat Generation William Burroughs, i quali vanno a comporre il mosaico delle passioni letterarie della band assieme a mostri sacri come Oscar Wilde e George Bernard Shaw, al poeta Dylan Thomas, al romanziere Stephen Crane (esponente del realismo) e allo scrittore e sceneggiatore cinematografico Terry Southern, figura chiave della controcultura degli anni Sessanta. Karl Marx, Siegmund Freud, Carl Gustav Jung e Albert Einstein incarnano da diversi punti di vista il pensiero filosofico e ideologico del quartetto, ma Sir Robert Peel (primo ministro britannico della prima metà del XIX secolo) rimane l’unico uomo politico di professione raffigurato nella copertina. Fra gli altri, si riconoscono figure di grande fama come l’illustratore d’epoca vittoriana Aubrey Beardsley, l’esploratore David Livingstone, l’avventuriero Lawrence d’Arabia, il pugile Sonny Liston (colui che, sconfitto per KO, permise a Muhammad Ali di conquistare il titolo mondiale dei pesi massimi).

L’affollato collage non finisce qui. Si trovano anche volti dall’impatto visivo meno immediato, provenienti dal mondo dell’arte, del teatro, dello sport, nonché semplici sconosciuti o personaggi immaginari, come le ragazze disegnate rispettivamente da Alberto Vargas e da George Petty, e semplici oggetti, come la bambola indiana raffigurante la divinità Lakshmi o il messicano Albero della Vita di Metepec, ulteriori esempi dell’interesse nei confronti delle religioni non occidentali che caratterizzava il gruppo da un po’ di tempo. In un primo momento, John Lennon, che dei quattro era il più coinvolto nell’impegno politico e quello con maggiore tendenza alla provocazione, avrebbe voluto facessero parte della composizione, per motivi diversi, anche Friedrich Nietzsche, Gesù Cristo, Adolf Hitler e Gandhi, ma furono in seguito tutti scartati per il timore di generare eccessive controversie.

Anche senza di essi, la copertina di Sgt. Pepper rimane impressa nell’immaginario collettivo come una delle più memorabili foto di gruppo (superata forse solo dal Cenacolo di Leonardo da Vinci) di una generazione, di un movimento culturale, di una filosofia di vita, nonché come la perfetta traduzione visiva di un modo di intendere la musica come un’arte in cui scatenare l’impulso creativo fondendo le esperienze più disparate e il successo come un incentivo per osare di più.