15 proposte
per un paese più giusto
e più uguale

Forum delle Disuguaglianze e delle Diversità

Ridurre le disuguaglianze che minano dall’interno la nostra società erodendone le fondamenta costituzionali, e riequilibrare le opportunità di partenza, in una prospettiva di crescita comune, è possibile. Se ne deve occupare la politica, operando delle scelte che, nel momento storico in cui viviamo, devono essere necessariamente radicali. I trentacinque membri del Forum Disuguaglianze e Diversità, promosso da Fabrizio Barca, muovono da questo assunto, critico e carico di fiducia. E mettono a disposizione della classe dirigente del nostro il paese il risultato del primi due anni di lavoro, dedicato alla disuguaglianza da cui tutte le altre discendono: la distribuzione ineguale e sempre più squilibrata della ricchezza. Una volta concepito il disegno generale, hanno consultato 100 ricercatori esperti delle diverse questioni da affrontare e, insieme a loro, hanno elaborato 15 proposte che contengono una diagnosi e prospettano delle soluzioni concretamente praticabili, su piccola come su grande scala.

Questa la sintesi delle 15 proposte per la giustizia sociale elaborate dal Forum Disuguaglianze e Diversità e presentate a Roma, al Teatro de’ Servi, il 25 marzo scorso. Il documento è stato consegnato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L’ingiustizia sociale e la percezione della sua ineluttabilità sono all’origine dei sentimenti di rabbia e di risentimento dei ceti deboli verso i ceti forti e della “dinamica autoritaria” in atto. Il Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD), che mette insieme le conoscenze dei mondi della ricerca e della cittadinanza attiva, ritiene che non ci sia nulla di ineluttabile nelle disuguaglianze.
Se i poteri, le opportunità e i risultati non vengono riequilibrati, è perché si è scelto di non farlo.
Un’alternativa esiste, ed esistono le condizioni per trasformare i sentimenti di rabbia nella leva di una nuova stagione di emancipazione che accresca la giustizia sociale. Questo convincimento spiega il nostro obiettivo: “ produrre, promuovere e influenzare proposte per l’azione collettiva e per l’azione pubblica che favoriscano la riduzione delle disuguaglianze e la giustizia sociale, secondo l’indirizzo dell’articolo 3 della Costituzione”. E spiega la scelta di costruire un gruppo di proposte per la giustizia sociale, ispirate dall’analisi e dalle idee di Anthony Atkinson.

I fatti
Negli ultimi trent’anni la tendenza alla riduzione delle disuguaglianze, osservata a partire dal secondo dopo guerra, si è interrotta o invertita come mostrano i dati.
Sono cresciute le disuguaglianze di ricchezza, in modo non riconducibile ai “meriti”.
Le retribuzioni si sono polarizzate e lo stesso è accaduto alle condizioni lavorative, e l’automazione ha spesso prodotto per molte lavoratrici e lavoratori un declino del senso di sé. Nonostante alcuni miglioramenti, persistono le disuguaglianze di genere e molte donne subiscono violenze economiche e fisiche che ne inibiscono l’autostima e la piena realizzazione.

Radicalità
Come sanare le gravi lacerazioni sociali prodottesi in questi anni?
Nel caso di una parte del pensiero liberale, la risposta è radicale. Ma essa si volge solo all’indietro, a ripristinare “un po’ di socialdemocrazia”. Redistribuzione e più forte concorrenza in tutti i mercati, “perché altrimenti le disuguaglianze faranno saltare il sistema”: questo è lo spirito del
Manifesto for Renewing Liberalism diffuso il 13 settembre 2018 dalla rivista The Economist.
Noi condividiamo la necessità di essere radicali. Ma muovendo in una diversa direzione.
Primo, le disuguaglianze devono essere ridotte perché è giusto: è nella nostra natura umana badare a che nessuno abbia troppo e soprattutto a che nessuno abbia troppo poco; solo così si può essere efficaci e convincenti nel fermare la dinamica autoritaria. Secondo, il solo modo di farlo è riallocare poteri: a questo obiettivo sono rivolte quasi tutte le nostre proposte. Terzo, dobbiamo certo recuperare strumenti del passato gettati via, ma dobbiamo anche guardare avanti e riprenderci la modernità.
Il che vuol dire tornare a guidare il cambiamento tecnologico affinché diffonda e non concentri conoscenza, accresca e non riduca la giustizia sociale. E vuol dire anche cogliere e usare la forza
di due nuovi fenomeni che animano la società: la diffusione, particolarmente significativa in Italia, di pratiche di cittadinanza attiva, che rappresentano oggi un punto di riferimento di ogni disegno di cambiamento; la rapida diffusione di comunità di innovatori in rete, forme neo-mutualistiche di impresa che utilizzano tecnologie di rete per produrre piattaforme e serbatoi di conoscenza comune utili per soddisfare bisogni e aspirazioni con soluzioni innovative.

Tre ragioni per avere fiducia
Noi crediamo che esista un’alternativa e abbiamo tre ragioni per avere fiducia.
La prima ragione di fiducia è che in altri momenti della storia, come ci ha ricordato Atkinson,
tecnologie e aperture dei mercati che potevano prestarsi all’obiettivo di asservire i ceti deboli sono stati volti a obiettivi di emancipazione sociale e sono stati accompagnati da interventi sociali di grande scala, producendo significative riduzioni delle disuguaglianze.

La seconda ragione di fiducia è che sono davanti a noi, ben visibili, le scelte errate del neoliberismo dell’ultimo trentennio, responsabili per l’attuale stato delle cose: sbilanciamento degli accordi internazionali in tema di movimenti di capitale e protezione della proprietà intellettuale; sistematica rimozione degli obiettivi di stabilizzazione del ciclo economico e della piena occupazione; indebolimento della regolazione dei mercati e della leva delle imprese pubbliche; riforme cieche alla diversità dei contesti e alle conoscenze/preferenze delle persone nei luoghi; rinunzia degli Stati a fissare obiettivi strategici per lo sviluppo urbano e territoriale, assecondando le scelte delle mega-imprese; tagli di bilancio sulle spese per welfare, istruzione, cultura e investimenti. E poi, per compensare i danni economici e sociali prodotti da tutto ciò,
trasferimenti compensativi ai territori in difficoltà, che hanno incentivato passività, posizioni di rendita e illegalità. Tutto ciò si può ben cambiare.

La terza ragione di fiducia riguarda il “fattore Italia”. Il nostro paese presenta alcuni tratti specifici che spiegano i risultati particolarmente negativi degli ultimi anni, anche in termini di livello medio dei nostri redditi, non solo della loro distribuzione. Fra questi spiccano lo stato della Pubblica Amministrazione e le difficoltà delle piccole e medie imprese: l’arcaicità della PA, dove la creatività dei funzionari pubblici è frustrata da un perverso “amministrativismo” che piega tutto alle procedure,  non ai risultati; e il contropiede subito dalle PMI a opera del processo di concentrazione proprietaria della conoscenza. Anche questi due fattori sono aggredibili. C’è dunque spazio per cambiare, se si è radicali. Ci vogliono riforme senza riformismo e proposte concrete, su cui confrontarsi. E poi da attuare.
Siamo così alle proposte del ForumDD.

Partire dalla disuguaglianza di ricchezza
Nel passare ai fatti, ci siamo concentrati sulla disuguaglianza di ricchezza, privata e comune. Che in questa fase storica, ancor più che in passato, è frutto di una straordinaria concentrazione del controllo sulla conoscenza.
La povertà di ricchezza privata, influenzando tutte le altre disuguaglianze: riduce o annulla la capacità di reagire agli imprevisti; riduce le opportunità di studio universitario; riduce o annulla la capacità di rifiutare un lavoro inadeguato, rischioso o illecito; scoraggia o impedisce la capacità di realizzare i propri progetti creativi o imprenditoriali; aggrava la discriminazione ancora così forte fra donne e uomini; accresce il rischio di vivere nel degrado socio-ambientale e di concorrervi. Una cattiva qualità della ricchezza comune – l’aria, la terra, l’acqua e il patrimonio comune che ci circondano – riduce le opportunità e le capacità di vita e discrimina fra le persone che vivono in diversi territori.

Le due disuguaglianze si alimentano l’una con l’altra. Ingiustizia ambientale e sociale si cumulano. E le disuguaglianze di istruzione? Sono l’altro terreno decisivo. Il ForumDD le affronterà nel secondo biennio di lavoro. Ma senza affrontare il tema della ricchezza, il tema dell’istruzione è un’ “anatra zoppa”. Perché una ragazza o un ragazzo non proseguiranno o non si impegneranno negli studi se penseranno che il proprio handicap di ricchezza condizionerà comunque le proprie scelte di vita. Troppi usano il tema dell’istruzione per scantonare dal tema della ricchezza, e in realtà non fare nulla su entrambi i fronti. E poi, con l’attuale tecnologia dell’informazione, partendo dal tema di come contrastare la concentrazione della conoscenza e della ricchezza arriviamo alla questione istruzione dal verso giusto.

Tre meccanismi di formazione della ricchezza
Abbiamo puntato l’attenzione su tre processi da cui dipendono la formazione e la distribuzione della ricchezza: cambiamento tecnologico; relazione fra lavoro e impresa; passaggio generazionale. Sono i meccanismi che governano questi processi ad allocare poteri e a segnare le opportunità della nostra vita, influenzando così la giustizia sociale. Il cambiamento tecnologico può avere impatti positivi o negativi sulla giustizia sociale, può diffondere o concentrare il controllo sulla conoscenza. E così influenzare: la distribuzione fra profitti e salari; l’occupazione; la dignità e l’autonomia del lavoro; l’equilibrio fra tempo di lavoro e non-lavoro; l’equilibrio uomo-donna in merito ai tempi di cura e assistenza; l’accesso dei ceti deboli ai servizi di mercato; la capacità di essere informati e di confrontare opinioni diverse; gli effetti sociali della transizione energetica; l’uso che viene fatto della massa di dati personali che immettiamo in rete. A ogni passaggio del cambiamento tecnologico si aprono biforcazioni fra scenari dove si riduce e scenari dove cresce la giustizia sociale. Le nostre proposte agiscono sui meccanismi da cui dipende la scelta a ogni biforcazione.

La relazione fra lavoro e impresa, fra lavoratrici e lavoratori, da una parte, e chi esercita il controllo sull’impresa, dall’altra, ha un ruolo decisivo nel determinare la distribuzione della ricchezza, i divari retributivi e di condizioni di vita, e la stessa natura del cambiamento tecnologico. Accrescere il potere negoziale e di indirizzo del lavoro è un requisito irrinunciabile per accrescere la giustizia sociale. Richiede oggi la combinazione di antiche e nuove tutele e un nuovo dialogo fra lavoro e cittadinanza attiva. Sono l’oggetto delle nostre proposte.

Il passaggio generazionale, quando i giovani e le giovani iniziano a costruire un piano di vita, è il momento in cui al lascito insito nel contesto familiare e sociale e nell’istruzione ricevuta si aggiunge il lascito di ricchezza. Può essere il passaggio in cui si accentua la disuguaglianza di opportunità, indipendentemente da ogni merito, e si accelera la concentrazione della ricchezza; o viceversa dove si mescolano le carte, ossia la ricchezza trasferita da una generazione a quella successiva viene
redistribuita, accrescendo la libertà sostanziale dei giovani e delle giovani appartenenti ai ceti deboli. La proposta che avanziamo può fare la differenza.

Re-distribuire e pre-distribuire
Cambiamento tecnologico e relazione lavoro-impresa, incidono sul processo di accumulazione e formazione della ricchezza privata e di impiego, consumo e tutela della ricchezza comune. Riguardano, in altre parole, la fase che precede e culmina con la distribuzione del reddito e delle opportunità. Per questa ragione, gli interventi su questi meccanismi vengono detti pre-distributivi.
Si tratta di interventi indispensabili, perché capaci di cambiare in modo non temporaneo il modo in cui ricchezza privata e comune si formano e in cui la prima viene distribuita e la seconda diventa accessibile. Insomma, redistribuiscono la ricchezza mentre si forma.
In assenza di interventi pre-distributivi, l’intero onere dell’aggiustamento sarebbe caricato sugli interventi re-distributivi, che attraverso imposte progressive e servizi pubblici universali spostano reddito, ricchezza e costo dei servizi da alcune persone ad altre. Si tratta di interventi indispensabili per correggere la polarizzazione di reddito e ricchezza insita nel capitalismo.

Ma se la polarizzazione è troppo forte il riequilibrio redistributivo diventa difficilmente sostenibile. Lo si tocca con mano in Italia sia nella diffusa resistenza a ogni revisione al rialzo della leva fiscale,
sia nella “secessione dei ricchi” che si va prefigurando, se a singole Regioni verrà concesso di fissare i “propri” livelli essenziali di servizio e di trattenere i “propri” introiti fiscali per finanziarli.
Viceversa, in presenza degli interventi pre-distributivi che noi proponiamo, diventa sostenibile uno specifico intervento redistributivo, che è indispensabile per correggere il meccanismo del
passaggio generazionale.
In questo caso solo un’azione re-distributiva può ottenere un riequilibrio, spostando risorse a favore di chi è nato in una famiglia (o in un contesto) dove il trasferimento generazionale atteso è modesto o nullo grazie soprattutto al contributo di chi è nato in una famiglia (o in un contesto) dove questo trasferimento è significativo o cospicuo.

Scala europea e scala nazionale/locale delle proposte
Quale è la scala delle azioni collettive e pubbliche proposte? Ci sono azioni che richiedono una scala globale per cui l’Europa è indispensabile: il Trattato TRIPS (da ritoccare), i grandi hub della ricerca (da sviluppare): su questi fronti immaginiamo un contributo propulsivo italiano che sfrutti il potenziale economico e culturale del paese, oggi sottoutilizzato.

La maggioranza delle azioni ha scala nazionale o locale e smaschera l’alibi spesso usato del “vincolo europeo” per non agire. Ma certo, anche in queste aree di intervento l’Unione Europea può essere di grande ausilio, con azioni e Regolamenti già esistenti e ancor più se avesse luogo quella sua urgente inversione di marcia che deve toccare tutti i campi di intervento.

Donne e giustizia ambientale e giustizia sociale
Le nostre proposte consentono di affrontare in modo innovativo e robusto due dimensioni critiche del nostro vivere: il divario di genere e la sostenibilità ambientale.
Larga parte delle proposte apre opportunità per affrontare il divario di genere dal momento che destabilizzano gli esistenti equilibri di potere. Ma affinché tali opportunità siano davvero colte, la loro attuazione richiederà un presidio forte, per non ricadere nella tendenza a un approccio neutrale che potrebbe riprodurre o addirittura ampliare i divari di genere esistenti, quando le condizioni di partenza non diano alle donne la fiducia o la forza di sfruttare le opportunità che si aprono.
Quanto alla sostenibilità ambientale l’intero nostro impianto interpretativo muove dall’assunto, che fu di Alexander Langer: “la conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile”. Giustizia ambientale e giustizia sociale sono interdipendenti e le azioni rivolte all’una devono rivolgersi anche all’altra.
I ceti deboli sono spesso i più colpiti dal degrado ambientale e, in prospettiva, dal cambiamento climatico. Ma se essi percepiscono, con fondamento, che le politiche per la sostenibilità sono attuate a loro carico si opporranno a esse: la saldatura fra questa opposizione e quella dei gruppi dirigenti economici dell’economia inquinante bloccherà le politiche per l’ambiente, indispensabili per l’umanità.

Quanto costano le nostre proposte?
La maggioranza delle proposte del ForumDD non costa nulla al bilancio pubblico: gli interventi pubblici proposti richiedono o comportano una diversa attuazione di spese pubbliche che già si sostengono. Alcune proposte hanno un costo, in soli due casi elevato: in questi due casi, si indicano gli strumenti con cui coprire le maggiori spese.

Tutte le proposte richiedono un forte “investimento” nelle amministrazioni pubbliche (centrali, regionali e locali) che dovrebbero attuarle. Ma l’investimento è soprattutto nell’organizzazione e nella cultura di quelle amministrazioni, su cui il ForumDD avanza una precisa e circoscritta lista di cose da fare. E’ necessario anche un deciso rinnovamento del personale, ma, salvo alcune eccezioni (importanti ma di modesta entità), ciò può avvenire sfruttando il rinnovamento imposto dai grandi flussi in uscita dei prossimi anni legati alla composizione per età della PA italiana, straordinariamente squilibrata verso l’alto.

Chi ha scritto le proposte?
Le quindici proposte sono frutto di un impegno collettivo. Una volta concepito (a cavallo di 2017  e 2018) il disegno generale e individuate le questioni da affrontare, a opera dei 35 membri del ForumDD, e rassicurati e spronati da un gruppo speciale di finanziatori, abbiamo cercato e trovato il contributo di circa 100 ricercatori che hanno conoscenza e esperienza sulle singole questioni trattate.

L’autonomia dei contributi “esterni” al ForumDD dalle conclusioni e dalle proposte che avremmo poi fatto è stata la migliore garanzia della franchezza e qualità dei contributi stessi, che ci hanno speso “tirato in direzioni opposte”. È testimoniata dal volume “Materiali”, allegato al Rapporto, che contiene tutti i contributi arrivati in forma scritta. In questo percorso, ai ricercatori delle singole materie si sono uniti i quadri e membri delle organizzazioni di cittadinanza, i sindacalisti, gli imprenditori, gli amministratori pubblici, gli studenti, i volontari, insomma tutte le persone che, sui temi in questione, alla ricerca aggiungono la conoscenza maturata sul campo, in azioni collettive o pubbliche. Il segno di questo mix di conoscenze, che è poi il tratto distintivo del ForumDD, è osservabile nella natura e nella composizione dei circa 30 incontri esterni di cui abbiamo tenuto traccia.

Cosa ci aspettiamo che accada? A chi diamo le proposte?
È una domanda che ci è stata posta spesso in un anno e più di lavoro. La risposta è duplice. Noi evidentemente ci auguriamo che le proposte avanzate, alla fine di un confronto acceso e informato, trovino la strada dell’attuazione; a tutte le diverse scale toccate, anche attraverso sperimentazioni locali. Ma c’è altro. Noi ci auguriamo anche che “attraverso le proposte” vengano comunque in luce le questioni vere da affrontare, quelle, per capirsi, di cui non si parla. Ci auguriamo, cioè, che, se anche le singole proposte non convincessero, convinca la diagnosi che esse rivelano. E spinga alle scelte radicali di cui abbiamo bisogno.

A chi diamo dunque le nostre proposte?
Le diamo a chi sarà interessato a svolgere un ruolo, di spinta, di analisi, di critica, di indirizzo, di mobilitazione, di normazione o di attuazione per raggiungere quegli obiettivi. E dunque le diamo a chi rappresenta l’unità nazionale, che ringraziamo per averci ricevuto.
Le diamo ai partiti , che la Costituzione individua come luogo primario “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, che abbiamo invitato, tutti, alla nostra presentazione. Le diamo a tutti i soggetti che nel mondo della cultura e del lavoro, della produzione e della cittadinanza attiva, della scuola e della salute, dell’ospitalità e della rete digitale, organizzano gli interessi e le aspirazioni che sono toccati dalle nostre proposte. Con essi contiamo di lavorare assieme nei prossimi mesi.

Gli impegni di lavoro in comune che accompagnano la nostra uscita pubblica sono il segno che i tempi sono maturi per lavorare in un modo diverso. Sarà per noi una sfida e un piacere lavorare su fronti assai diversi con:

• Franco Arminio – Casa della Paesologia (Trevico)
• Monica Buonanno e Carmine Piscopo – Comune di Napoli
• Eugenio Coccia – GSSI Gran Sasso Science Institute
• Chuck Collins – Patriotic Millionaires
• Sergio D’Angelo – ABC (Napoli)
• Annamaria Furlan – Cisl
• Maurizio Landini – Cgil
• Marco Lombardo – Comune di Bologna
• Giuseppe Mattina – Comune di Palermo
• Massimo Mercati – Aboca (Arezzo)
• Donato Nubile – Smart (Milano)
• Leoluca Orlando
• Alessandro Profumo
• Marco Ruotolo – Università Roma Tre
• Cristina Tajani – Comune di Milano

L’intero rapporto, i singoli capitoli e la sintesi delle proposte sono consultabili sul sito: https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/proposte-per-la-giustizia-sociale/