Ho visto Salvini e ho capito
perché (forse) perderà.

Salvini

Alcuni segnali deboli raccontano sempre verità solide. L’occasione per me è ghiotta. Arriva Salvini a La Spezia. Manifestazione e contro manifestazione.
Lascio la spiaggia della vacanza, metto la tessera dell’ordine dei giornalisti nella tasca dei jeans e vado.
Prima la piazza dei ragazzi che dicono no al razzismo, che dicono no al fascismo, che dicono no al Capitano e cantano Bella Ciao. Sono tanti e portano una boccata di ossigeno. Ma non è quella la piazza che mi interessa. Quei ragazzi li conosco bene e riconosco molti volti.
Voglio vedere l’altra piazza, quella che non ho mai visto, dove non conosco nessuno. Supero i controlli di polizia, mi siedo al tavolo di un bar con vista palco, ordino uno spritz aspetto e guardo. Manca un’ora.
Il popolo di Salvini aspetta il suo Capitano come si aspetta un cantante o un pugile sul ring. E le donne sono vestite come si veste una donna che va in spiaggia a prendere un aperitivo. Il trucco è pesante. Il vestito è scelto con cura. Non so perché ma la cosa mi sorprende.
Senti degli slogan, qualcuno si affaccia a un balcone e fa il saluto romano. Ovazione. Iniziano i comizi dei comprimari che scaldano la folla. Arrivano dove possono anche i ragazzi della contro manifestazione. E si fanno sentire.
Lo spettacolo sta per iniziare.
L’eccitazione sale. La musica diventa assordante. Il Capitano è finalmente sul palco e inizia a parlare, “ciao La Spezia…”. I ragazzi alle transenne urlano “buffone buffone”, la piazza urla più forte “Matteo Matteo”. Le signore eleganti con il trucco pesante si sbracciano, alcune salgono sulle sedie del bar. La femminilità esibita diventa un omaggio al cantante sul palco.
Inizio a capire una cosa che non mi aspettavo. La piazza non è lì per un comizio politico. Assiste a uno spettacolo. Vuole divertirsi.
Matteo Salvini lo sa. Se urla a Richard Gere di portarsi i clandestini a Hollywood la piazza applaude. Se parla della flat tax per le imprese la piazza si annoia. Se urla al giudice del Tar che lo stipendio glielo paga il popolo italiano e dice no no no allo sbarco a Lampedusa della nave delle ong la piazza scandisce i no! no! no! Se parla di immigrati buoni, profughi di guerra, “fratelli e sorelle” che hanno diritto di stare in Italia la piazza sta zitta. Allora deve alzare la voce. Se si commettono reati ci vuole certezza della pena. Vabbè. I tempi dei processi vanno dimezzati. Vabbè. Se i giudici sbagliano devono pagare. Vabbè. Allora arriva la hit. Se qualcuno violenta i nostri figli noi vogliamo la castrazione chimica! Ovazione.
La piazza di Salvini vuole rabbia, indignazione, demagogia, l’uomo forte che dice cose che non farà ma che comunque le dice. Lui è il Dice, scrive l’amico Marco Ferri. E ha ragione.

La piazza di Salvini è antagonista, di opposizione, spietata, cinica, dura. È popolo che in quanto popolo rivendica il sacrosanto diritto di essere razzista, volgare, ignorante e qualunquista.
Quando Salvini non sa cosa dire, dice Renzi. Gli serve come una parolaccia detta ogni tanto, un intercalare che va bene per tutte le stagioni. Renzi è un evergreen del salvinismo.
Così alla fine ho capito. Salvini è prigioniero. È stato uomo di governo e opposizione. Su questo ha costruito un consenso incompatibile con l’essere solo un uomo di governo.
Non è un leader politico. È una rock star. La gente paga il biglietto del consenso ma vuole i grandi successi, il sovranismo muscolare, antagonista e post ideologico urlato a pieni polmoni. Lui deve essere quello che ci si aspetta. Maglietta e felpa compresa.
È stanco, e si vede. È confuso e si sente. Ci manca solo che dica “pregate per me”.
Salvini è prigioniero del suo Capitano ma l’Italia non sarà mai sua prigioniera.