Baccalà o stoccafisso? Quel tesoro essiccato che viene dal Nord

stoccafisso

Da oltre trecento anni lo importiamo per cucinarlo in tanti modi: “alla vicentina”, “mantecato”, “alla ligure, “alla campana” o “alla messinese”. Già Pellegrino Artusi, nel suo celebre Ricettario, lo aveva incluso definendolo un “montebianco di pesce artico e latte”. Oltre un terzo degli italiani, soprattutto nelle regioni del Nord, Veneto e Liguria in testa, lo mettono a tavola spesso, apprezzandolo non solo per il gusto, ma anche per le sue proprietà nutritive. Lo si chiami stoccafisso o baccalà, ne parliamo in questo articolo tratto dal numero di Gennaio/Febbraio/Marzo 2023 di VéGé per voi, magazine del Gruppo VéGé diretto da Paolo Marcesini.

I primi coloni sbarcarono all’incirca undicimila anni fa. Erano alla ricerca di un luogo fertile di cibo in cui stabilirsi. Trovarono un mare ricchissimo di pesce e misero le tende in quel luogo che, un giorno, si sarebbero chiamate isole Nofoten, in Norvegia. Tra le varie specie ittiche, il merluzzo era quella più abbondante, e i pescatori capirono che avrebbero dovuto fare in modo non solo di pescarlo e nutrirsene, ma anche di lavorarlo per conservarlo e offrirlo in commercio.

Pietro Querini, navigatore e commerciante veneziano, salpò con la sua nave il 25 aprile 1431, con un carico di 800 barili di Malvasia, pepe, zenzero e altre merci preziose, diretto verso le Fiandre. Superato Cabo Fisterra, una violenta tempesta rese la nave ingovernabile e l’equipaggio riuscì a salvarsi solo approdando su un isolotto nell’arcipelago delle Lofoten in Norvegia, oltre il Circolo polare artico. Dopo undici giorni di bivacco, vennero avvistati e salvati dai pescatori della vicina isola di Røst, che li ospitarono per circa quattro mesi e mostrarono loro la tecnica tradizionale dell’essiccazione del merluzzo.
Al suo ritorno a Venezia, Querini non portò i tessuti broccati delle Fiandre, ma qualcosa di molto più prezioso: del gustoso e inedito merluzzo essiccato. In breve tempo, tutti si resero conto che quella scoperta era una validissima alternativa al pesce fresco e deperibile.

stoccafisso

Ancora oggi il Nord-Est è uno dei maggiori (se non il principale) importatore di “merluzzo ragno nero”, top di gamma: il pesce secco noto come stoccafisso (stokfisk nella lingua dei pescatori dei Mari del Nord) che poi diventa il golosissimo baccalà mantecato servito sulle croste ai ferri, e/o fritte, di polenta.

L’offerta si declina in merluzzo fresco, stoccafisso, baccalà salato e baccalà salato secco. Quando il contenuto d’acqua del pesce essiccato scende al di sotto del 48%, può essere chiamato baccalà. Poiché l’acqua viene rimossa, i contenuti nutrizionali del baccalà sono più concentrati di quelli del normale pesce fresco. Per questo è ricco di proteine, vitamine A, D e del gruppo B, e infine di alcuni minerali come potassio, fosforo, iodio e ferro.

L’Italia è tra i principali mercati per lo stoccafisso, rinomato per la sua qualità e versatilità in cucina. Oltre un terzo degli italiani, soprattutto nelle regioni del Nord Italia, Veneto e Liguria in testa, lo mettono a tavola periodicamente, apprezzandolo non solo per il gusto, ma anche per le proprietà nutritive. Lo stoccafisso è infatti ricco di proteine, ferro, vitamina D e B12.
Il 2022 ha segnato un anno di ripresa importante e le importazioni sono aumentate con un incremento del volume pari al 26% rispetto all’anno precedente.

Il merluzzo è da sempre la risorsa più importante per la pesca norvegese. Nel corso degli anni il metodo di lavorazione si è modernizzato, passando dalla pesca libera a una rigida regolamentazione, inserendo un sistema di quote di pesca e adottando un approccio sostenibile con una politica di produzione a scarto zero.
Ma il grosso della lavorazione è una tradizione produttiva che si ripete sempre uguale da trecento anni. Le isole Lofoten, e le sorelle Versterålen, sono dei piccoli grandi fari sul Mare di Norvegia dove i fiskehjel, i caratteristici graticci di legno che ospitano centinaia e centinaia di merluzzi stesi a essiccare, rappresentano un vero e proprio tratto distintivo del paesaggio norvegese.

stoccafissoIl pesce è norvegese ma il “bacalà” alla vicentina è tutto italiano

La ricetta del bacalà alla vicentina
Stoccafisso
Olio extravergine di oliva
Cipolla
Sarda
Latte

La preparazione ha come ingrediente imprescindibile il merluzzo delle isole Lofoten. Ma per tutto il resto la maestria è tutta italiana, anzi vicentina.
Già Pellegrino Artusi, nel suo celebre Ricettario, lo aveva incluso definendolo un “montebianco di pesce artico e latte”.

Si prepara un fondo di olio – circa mezzo litro per ogni chilo di stoccafisso – cipolla e una sarda o un’acciuga. Una volta che il soffritto è pronto vi si adagia lo stoccafisso. Una volta insaporito il pesce con le cipolle e la sarda, si ricopre interamente di latte.
A questo punto il merluzzo deve ‘pipare’, come si dice in Veneto, per almeno cinque ore a fiamma bassissima e distante dal fuoco vivo.