Pio Tarantini racconta Brindisi e Taranto, due città e molti mari nella terra del rimorso

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Questo splendido volume di Pio Tarantini, tra i maggiori esponenti della fotografia contemporanea italiana, ha la sua origine in un lavoro fotografico e giornalistico del 2017, ispirato da un progetto intitolato Borghi. Viaggio italiano. Educational tour dedicato ai percorsi di slow travel nei borghi marinari della Puglia, organizzato da Ettore Bambi, e promosso dall’Assessorato al Turismo della Regione Puglia. Il progetto prevedeva che gli operatori interessati lavorassero in distinte coppie, ciascuna applicata a due siti specifici, guidati da operatori locali che precedentemente si erano attivati per costruire itinerari mirati e incontri con persone significative per la loro esperienza diretta nelle città Interessate.

A Pio Tarantini, in un lavoro di coppia eseguito insieme a Paolo Marcesini ‒ direttore di Memo Grandi Magazzini Culturali e Italia Circolare ‒, vennero assegnate le città di Brindisi e Taranto. Due realtà marinare simili per molti aspetti e diverse per molti altri. Ambedue segnate profondamente dalla presenza di due porti naturali tra i più belli d’Italia, hanno vissuto più delle altre città pugliesi, sin dai primi anni Sessanta, il processo di veloce industrializzazione declinata secondo il modello dalla grande industria di Stato e che ne ha segnato profondamente e definitivamente lo sviluppo e le relative conseguenze, nel bene e nel male.

Scrive Pio Tarantini: “È stato molto interessante scoprire realtà vecchie e nuove, profondamente radicate o recenti se non nascenti, legate alla cultura, alla imprenditorialità, al turismo. Sono ambiti che costituiscono l’ossatura portante di un territorio in bilico tra passato e futuro, alla ricerca di un nuovo assetto socio-economico in cui le bellezze naturali, unite alla nota capacità commerciale e imprenditoriale dei pugliesi, possano aprire nuovi scenari di sviluppo”.

Pubblichiamo l’estratto dal volume Due città, molti mari (Edizioni GT Art Photo Agency) firmato da Ettore Bambi dedicato a Pio Tarantini, narratore di comunità.

di Ettore Bambi

Pio Tarantini ha percorso le corti, le case, il mare di Brindisi e Taranto con un atteggiamento di conquistata empatia verso luoghi a lui non ignoti, alcuni impiantati nell’archivio della sua memoria, e purtuttavia capaci di suscitare inedita condivisione di storie ed emozioni. Dico subito che l’unicum di questo processo e della sua conseguente produzione artistica si sostanzia in un “quinto paesaggio” di queste due città a volte relegate in seconda fila nell’immagine diffusa di una regione dalle grandi bellezze. Invece Pio coglie come lui sa fare nelle architetture minori, nei complementi, negli accessori, nell’arte povera, nelle tradizioni tutti gli elementi utili di un habitat e una storia che vengono così declinate in maniera articolata e suggestiva, connesse all’appartenenza integrale ai luoghi.

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Castello Alfonsino, Brindisi, 2017

La sensazione invero è che volti, pareti, colori, affreschi, strade diventino co-creatori delle esperienze di visita del fotografo, orientandone le scelte, attuando una vera rivoluzione interna per presentare se stessi non più come luoghi recintati ma aperti costantemente a tutti, vere e proprie piazze della conoscenza e dell’esperienza culturale. Pio riesce in un’impresa fuori dal comune: i suoi soggetti si “fanno città” e mirano ad instaurare relazioni virtuose non solo con il pubblico che ne osserva le rappresentazioni, con i visitatori attirati da tutto ciò che è arte e bellezza, ma con l’intera comunità. Nel linguaggio dei documenti della Commissione europea si direbbe che Pio crea un sistema di welfare culturale realizzando attraversamenti di arte, diffusione di saperi, subentro dell’inedito al posto del canonico, per puntare all’”incontro” con le persone, alla implosione delle relazioni, al ripensamento del rapporto fra spazi, paesaggi, natura, storia, arte, città, comunità. Il Sud – ma qui non ne facciamo una questione campanilistica – ha bisogno che questi processi vengano portati a valore da narratori e ricercatori di comunità. Capaci di analizzare, scrivere, raccontare con le immagini. Raccontare storie per il Sud può assumere però un forte valore civile, indurre al cambiamento, De Martino scriveva che entrava nelle case dei contadini pugliesi come un cercatore di storie che, dopo che recupera, trasferisce al mondo, per riportarne al centro la vita delle classi più subalterne. Ogni casa ha la sua storia, come scrisse Nuto Rivelli nel suo Il mondo dei vinti. O come diceva Pierpaolo Pasolini ad un attonito Ninetto Davoli davanti ad una strada dal selciato sconnesso e antico nei dintorni di Orte, una strada qualsiasi, che però secondo Pasolini andava difesa con lo stesso accanimento con cui si difende una grande opera d’arte. Come un diario, una una finestra, un cancello, una nicchia, una barca, una edicola votiva, una poesia. Nelle sue escursioni a Brindisi e Taranto, Tarantini esalta e fa vivere nella memoria un passato anonimo e va ben oltre, come gli è consueto, dell’atteggiamento estetizzante che privilegia i patrimoni artistici colti e consolidati; qui il fotografo ascolta, come suggeriva Primo Levi, alla stregua di maestro d’arte in una bottega dove lo scambio di saperi diventa esperienza e storia.

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I remuri, Brindisi, 2017

In questo lavoro, il fotografo diventa narratore di comunità, attinge a fonti composite e diverse facendole dialogare, attraverso una filiera che dalla osservazione di muri, finestre, botteghe, piazze, lungomari, porta ad una loro restituzione pubblica, che sembra non solo fotografica, ma musicale, teatrale, espositiva e artistica in senso lato. Il narratore fa emergere le vocazioni dei luoghi, ne riscopre le potenzialità inespresse, delinea un autoritratto in cui la comunità si riconosce e si rappresenta alle altre comunità, ai turisti, alle istituzioni, alle associazioni del terzo settore. I selciati della strada di cui parlava Pasolini diventano fonte, “cose” che non sapevano di esserlo perché nulla nasce fonte; sono i ricercatori e i narratori che attivano il valore documentale di ciò che vanno a scoprire, è il loro interesse e il loro sguardo. Tutto concorre a riscrivere la storia con le parole e gli occhi della gente comune.

Pio

Taranto, 2017

Certo che per Pio una fonte si colloca in un’esperienza biografica più ampia poiché il rapporto fra memoria singolare e collettiva è il tema della ricerca. Ma possiamo rispondere aiutati da Alessandro Portelli che ci ricorda come l’atto del ricordare è sempre individuale, non sono i gruppi a ricordare ma i singoli e dunque la memoria diventa sociale grazie ai ricordi individuali. Diventa memoria collettiva quando si astrae, nel mito e nell’arte. Aggiungendo memorie a memorie, diari a diari, immagini a immagini il quadro del passato si arricchisce via via di dettagli, profondità, relazioni, sino a trasformarsi in paesaggio umano.

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Pio Tarantini, ue città, molti mari, Edizioni GT Art Photo Agency, 2024.