The Climate Limbo.
In fuga dal clima che cambia

The Climate Limbo

“Il riscaldamento globale sta scatenando guerre e inducendo le persone a emigrare. Abbiamo dimostrato che bruschi cambiamenti climatici scateneranno gravi conflitti e che le ondate migratorie ad essi legate saranno dovute a una cattiva gestione statale e a una democrazia più debole”.

Jesus Cuaresma (ricercatore presso l’Istituto per le Ricerche Economiche di Vienna)

Secondo le stime discusse durante la COP 21 di Parigi, entro il 2050 saranno più di 250 milioni le persone costrette a migrare a causa dei cambiamenti climatici. Ad oggi, si attende ancora una definizione internazionale univoca che aiuti a circoscrivere legalmente un fenomeno complesso che riguarda anche i paesi cosiddetti sviluppati.

 

THE CLIMATE LIMBO

Quello degli esodi causati dal clima che cambia è un tema ancora poco noto e difficile da raccontare, che si inserisce nel già complesso dibattito riguardo l’accoglienza dei flussi migratori. Le migrazioni climatiche sono una storia sospesa tra i dati della scienza e le vicende di un’umanità fragile, forzatamente spinta alla ricerca di un nuovo inizio.

Per meglio comprendere il fenomeno, MEMO ha incontrato Elena Brunello, sceneggiatrice del documentario realizzato da Dueotto Film, per la regia di Paolo Caselli e Francesco Ferri, dal titolo “The Climate Limbo”.

Il progetto racconta le vite di alcuni ‘migranti climatici’ e, a partire dai dati scientifici disponibili, mette in evidenza la questione del riconoscimento legale internazionale del fenomeno, analizzandone anche le ripercussioni politiche ed economiche.

Promosso dall’Associazione di Promozione Sociale Cambalache, “The Climate Limbo” è stato finanziato, attraverso il Consorzio delle Ong Piemontesi, da Frame, Voice e Report! con il contributo dell’Unione europea.

 

TRA SCIENZA ED EMOZIONI

“Sapevo poco del tema e ho dovuto dedicare mesi allo studio di questo fenomeno”, racconta Elena Brunello. Un lungo lavoro di ricerca che, in breve tempo, porta alla realizzazione di una sceneggiatura tesa tra due piani narrativi diversi ma complementari. Se da un lato c’è l’ovvia necessità di partire dai numeri della climatologia, a questa si è aggiunto un non facile racconto umano.

“C’è stata molta attenzione nell’analisi dei dati scientifici. La ricerca accademica ci ha permesso di dare agli spettatori basi solide ed incontrovertibili”. Ma il vero elemento rivelatore, sottolinea più volte Brunello, sono state le storie dei protagonisti.

La chiave di volta della sceneggiatura – spiega l’autrice – è stata l’incontro umano con chi si sente ‘appeso’ sia legalmente che umanamente ad una condizione quasi astratta”.

Da questa condizione indefinita, deriva il titolo per il documentario. I migranti climatici vivono a tutti gli effetti in un limbo. Sono come fantasmi in cerca di un posto nel mondo”.

Un mondo che non si sta rendendo conto del loro peso sul piano economico, sociale e persino bellico.

Basti pensare all’impatto che i flussi migratori hanno avuto sulla stabilità del territorio siriano. Nel 2005 in Siria si trovava circa 1,5 milioni di sfollati provenienti dall’Iraq; l’improvvisa e devastante siccità che colpisce le zone rurali del paese tra il 2007 ed il 2010, aggrava la situazione costringendo altrettanti sfollati verso le zone urbanizzate. La popolazione urbana siriana, in circa otto anni, aumenta così di più del 50% e le tensioni politiche, già presenti sottotraccia, subiscono un’ulteriore decisiva pressione. Il resto è Storia, con lo scoppio delle rivolte contro Bashar al-Assad.

Se l’Europa pensa di avere oggi un problema di migranti, immagini quel che succederà tra venti anni se il cambiamento climatico obbligherà le popolazioni del Sahel a scappare dalla desertificazione”

(Generale Stephen A. Cheney, estratto dal rapporto “Environmental Justice Foundation”)

 

UN NUOVO MODO DI COMUNICARE

Il complesso lavoro di scrittura per “The Climate Limbo” spinge Elena Brunello, già forte di una precedente esperienza di lavoro in un campo profughi nell’isola greca di Leros, a superare lo stereotipo del migrante.

“Siamo abituati a pensare al migrante come a  un povero in fuga da scenari di guerra. Ma non sempre è così. E nessun paese è al riparo dal climate change, nemmeno il nostro”.

Lavorare a questo documentario la spinge infatti a guardare anche alla nostra realtà.“Anche il contadino che coltiva pomodori e alleva bestiame nelle vallate piemontesi, per esempio, deve fare i conti con un clima fuori controllo e può vedere ogni giorno il proprio futuro messo a rischio”.

La nuova comunicazione del fenomeno climatico dovrà superare anche questa frontiera, riportando e traducendo gli effetti del cambiamento climatico nella vita di ciascuno di noi. Per questo è necessario che le tematiche relative ai cambiamenti climatici siano divulgate anche attraverso la fotografia, la scultura, la poesia, la letteratura ed anche il cinema. Le arti possono e devono inventare nuovi canali di comunicazione della scienza.

Elena Brunello è sicuramente una delle prime sostenitrici di questo nuovo corso comunicativo: “Il compito dell’arte, in questo frangente, è quello di avvicinare la gente a tematiche complesse. Gli studi scientifici sono basilari ma possono essere veicolati meglio attraverso l’espressione artistica ed il racconto della vita vissuta”.

“The Climate Limbo” sarà presto promosso per la distribuzione nelle sale e porterà in giro per l’Italia un nuovo punto di vista per comprendere che la sfida è urgente e ci riguarda tutti.