Le cinque proposte di Legambiente per incrementare l’Economia Circolare in Italia
In corso a Roma la decima edizione dell’EcoForum, conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e della Regione Lazio. Il tasso di circolarità nell’economia mondiale sta diminuendo: in cinque anni, come ha spiegato il Circularity Gap Report, siamo passati dal 9,1% al 7,2%. Legambiente ha presentato 5 proposte per invertire la rotta.
Presentato proprio a EcoForum, il sondaggio Ipsos rivela che nel 2023 il 45% della popolazione conosce l’economia circolare, registrando un aumento del 5% rispetto al 2018, mentre il 60% crede nella crescita dei green jobs, con un incremento del 12% rispetto al 2022. Tuttavia, il 43% degli intervistati non ritiene credibile che l’Italia sia leader europeo nel riciclo. Eppure, numeri alla mano è proprio così. Come ha spiegato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, “In Europa, siamo i primi della classe. L’Italia è in grado di insegnare il riciclo”.
I primati italiani, infatti, dicono che l’Italia è:
– al secondo posto in Europa per dimensione del settore industriale/manifatturiero;
– è il Paese in Europa con la più alta percentuale di riciclo dei rifiuti;
– è il secondo Paese in Europa per numero di brevetti di design depositati;
– è ai primi posti in Europa per quanto riguarda l’economia circolare;
– e viene rigenerato il 98% degli olii minerali usati.
Ma “Il settore è formato da un numero notevole di imprese che continuano a evolversi, la ricerca sta dando un contributo notevole, ci sono molte start up con nuovi modelli di intervento. Noi abbiamo una Italia divisa sotto questo aspetto, la sfida deve essere quella dell’uniformità, di creare le condizioni per far crescere le realtà con maggiori difficoltà”.
Per questo Legambiente ha presentato 5 proposte.
1. Implementare la capacità impiantistica di riciclo e riuso, a partire dalle filiere più urgenti, quali l’organico, colmando il divario tra nord e centro sud del Paese e fermando il turismo dei rifiuti verso le regioni più infrastrutturate, perseguendo la strategia “Rifiuti zero, impianti mille”. Per far questo occorre semplificare la normativa e velocizzare gli iter autorizzativi; uniformare e aumentare il livello qualitativo del sistema dei i controlli ambientali pubblici in tutto il Paese; implementare e diffondere lo strumento del dibattito pubblico e della partecipazione per ridurre le contestazioni dei territori.
2. Applicare il principio “chi inquina paga” per disincentivare lo smaltimento in discarica e favorire la prevenzione e il riciclo dei rifiuti. È urgente una modifica normativa che rimuova l’attuale tetto massimo dei 25,82 euro/tonnellata dell’ecotassa per i rifiuti smaltiti in discarica, prevedendo al contrario una soglia minima e modulabile in funzione dei quantitativi procapite annui di secco residuo a smaltimento. Per estendere il principio anche alle singole utenze, domestiche e produttive, premiando la prevenzione e la riduzione del secco residuo, è opportuno prevedere l’obbligo di tariffazione puntuale su tutto il territorio nazionale.
3. Attivare politiche industriali strutturate a supporto delle imprese che già investono o che vogliono investire in questa direzione. Diventano prioritari strumenti come i sistemi EPR (responsabilità estesa del produttore) per nuove filiere, come il tessile, o per nuovi mercati, come quello delle apparecchiature elettriche ed elettroniche vendute con l’e-commerce; i decreti End Of Waste per favorire il mercato delle materie prime seconde. Occorre infine sviluppare obblighi e adottare norme chiare ed efficaci in favore dell’impiego di materiale proveniente dalla filiera del riciclo, per supportare i settori industriali coinvolti, che rappresentano un’eccellenza anche a livello internazionale, ma che oggi sono messi in seria crisi dall’assenza di un contesto normativo adeguato.
4. Supportare dal livello centrale gli enti locali destinatari dei finanziamenti del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. Il PNRR destina all’economia circolare 2,1 miliardi di euro: 600 milioni di euro per i progetti faro riguardanti le filiere di RAEE, tessile, carta e cartone, plastiche, individuati nei primi mesi del 2023, e 1,5 miliardi di euro per la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e l’implementazione delle raccolte differenziate. (…) Per continuare con i tempi previsti dal piano nazionale e consentire il raggiungimento degli obiettivi è necessario quindi il massimo supporto normativo e tecnico da parte del MASE e degli organi tecnici centrali ai progetti locali destinatari delle risorse.
5. Costruire una filiera nazionale di approvvigionamento delle materie prime critiche per evitare di alimentare future dipendenze da Paesi esteri, dando massima priorità all’economia circolare dai RAEE.