Back to the future: 44 idee per tornare nel futuro

Back to the future: 44 idee per tornare nel futuro

E’ uscito Back to the Future, un e – book, edito da Be Unsocial, con 44 idee per il mondo che verrà. In un momento così pieno di dubbi sul futuro, ed in un momento in cui, diciamolo, tutti vogliono spiegare tutto e si sdilinquiscono su dirette tv interminabili o in dichiarazioni che occupano pagine intere di giornali, è bello – e direi quasi consolatorio – poter leggere i punti di vista ‘senza sbavature’ e pur nella loro brevità, incisivi, raccolti da Alice Avallone, docente e coordinatrice didattica del College Digital della Scuola Holden di Torino e fondatrice di Be Unsocial, rivista di antropologia digitale,www.beunsocial.it.

Avallone, lei è la curatrice Back to the future, ovvero il ritorno alla normalità. Come immagina lo scenario futuro generale?

Non lo sappiamo, possiamo solo dire che la vita sarà diversa da quella che abbiamo vissuto ‘prima’. Le strade che conosciamo, e i mezzi che abbiamo costruito per percorrerle, nel futuro non ci saranno. Per immaginarle, quelle strade, abbiamo coinvolto umanisti, narratori, giornalisti, docenti ed esperti di comunicazione che stimiamo.

Il risultato è una raccolta di riflessioni in formato e – book: 44 idee e chiavi di lettura pensate e ipotizzate da altrettanti autori per prepararci al post Coronavirus.

Com’è nata l’idea di Back to the Future?

L’idea è nata ai primi di aprile, da una riflessione sui dati della Protezione Civile, difficili da capire se non messi nella giusta prospettiva e contestualizzati. Una tensione questa che con Be Unsocial percepivamo nell’aria già da un po’ di tempo: dare i dati senza una interpretazione umana ha poco senso. Da queste premesse, ci siamo proposti di dare vita a un progetto editoriale che potesse raccontare i cambiamenti che stiamo vivendo, e che vivremo tra qualche mese quando tutto si sarà attenuato, soprattutto dal punto di vista antropologico. Un progetto capace di proporre chiavi di lettura del contesto umano e digitale in divenire, in un formato veloce e fruibile.

Come sono stati scelti i 44 contributors?

Abbiamo chiamato a raccolta gli umanisti, narratori, giornalisti professori ed esperti di comunicazione che avevamo già incrociato per lavoro o lettura in Rete. Abbiamo ragionato nell’ottica di offrire diversi punti di vista, proprio perché le persone coinvolte arrivano da background molto distanti tra loro: chi è direttore creativo in un’agenzia di comunicazione, chi è docente universitario di urbanistica, chi è produttore e regista.

Qual è il fil rouge che lega tutti gli interventi?

Il filo conduttore comune è la domanda di partenza, che abbiamo inviato a ciascun autore: come sarà il nostro futuro, la nostra nuova normalità, tra poco? Da questo input, sono nate risposte molto diverse tra loro. Il risultato ha il respiro di una progettualità collettiva, anche se alcuni punti di vista sul futuro divergono, come è giusto e importante che sia.

Perché la scelta di un eBook? E perché gratuito?

Ci è sembrato il mezzo più veloce e immediato per raccogliere le idee e i contributi; inoltre, da subito abbiamo pensato di rilasciarlo gratuitamente perché per noi è davvero un regalo ai lettori.

Ci racconti gli obiettivi del progetto Be Unsocial. Cosa vuol dire etnografia digitale?

Be Unsocial è una rivista di antropologia digitale che si occupa di mappare i comportamenti umani, sociali e digitali. Raccontiamo qual è il rapporto tra essere umano e tecnologia, web e social media compresi. Per fare ricerca, prendiamo in prestito dalle scienze sociali l’approccio etnografico: osserviamo le persone in Rete, che linguaggi utilizzano, cosa e perché scelgono di condividere contenuti online. È una disciplina molto interessante, perché mappa gli small data, i piccoli dati più umani e impalpabili.

Ipotizza che il digital in un prossimo futuro potrà funzionare da collante sociale oltreché veicolare notizie?

Sì, senza dubbio, era un processo già in atto, l’emergenza sanitaria ha solo accelerato il processo. La maggior parte della nostra vita si è spostata definitivamente online; le relazioni digitali sono diventate la norma, nella routine quotidiana e nella professione, così come anche rispetto al tempo libero e all’intimità. Ma soprattutto, il digitale oggi ci permette di sentirci meno soli, più parte di una grande “comunità”, molto più ampia rispetto a quella che avevamo immaginato fino a qualche settimana fa. Il digitale ci ha ricordato che siamo soprattutto una collettività.

In quest’ottica Be Unsocial diventerà anche un osservatorio della collettività che verrà?

Grazie per questa domanda. Speriamo! Ci stiamo muovendo in questa direzione da qualche settimana, proprio con la rubrica “Back to the Future”, dove cerchiamo di analizzare i cambiamenti adesso, quando sono in corso; in fondo, quella che stiamo vivendo è una crisi che riformula quotidianamente i suoi parametri ed è in continua evoluzione.

 

Noi di MEMO vi proponiamo il contributo di Hamilton Santià, scrittore e giornalista di cultura e politica, su Esquire e cheFare, che prevede una creazione e la nascita di una nuova ‘cultura diffusa’, da costruire attraverso quo forte senso di comunità emerso con forza durante questo periodo di straniante pandemia.

Più di prima

Il mondo della cultura uscirà devastato da questa pandemia. Chissà fino a quando non ci si sentirà sicuri di affrontare eventi con migliaia di persone. Questi giorni hanno però fatto emergere la forza inedita della comunità. Sembra ci sia più attenzione e cura, si sia ritrovata una sincera spinta alla solidarietà (supportando progetti e generando tantissimi contenuti di qualità). Ci siamo ricordati che c’è un modo di fare diverso dall’egolatria social e forse abbiamo capito meglio di molti programmi politici cosa voglia dire “cultura diffusa”. Usciti da qui dovremo prendere questo urgente bisogno di comunità e renderlo ‘fisico’ nelle strade delle nostre città, sommergendole di cultura più di prima: non accontentandosi di risultati facili ma cercando di raccontare la tensione al futuro senza preoccuparsi di ‘costruirlo’ a tutti i costi.

Gli autori

Agnese Vellar, Alberto Albertini, Alessandra Chiappori, Alessandro Avataneo, Alessandro Garofalo, Alessio Cuffaro, Alessio Romano, Alice Siracusano, Andrea Morbio, Andrea Natella, Annalisa D’Errico, Bruno Mastroianni, Cristiano Carriero, Cristina Cassese, Davide Sisto, Dino Amenduni, Domitilla Pirro, Enrico Ratto, Ferdinando Morgana, Flavio Stroppini, Francesco Gavatorta, Gaia Passamonti, Giuseppe Mazza, Gloria Puppi, Hamilton Santià, Jacopo Franchi, Lea Iandiorio, Leonardo Staglianò, Livio Milanesio, Luca Iaccarino, Mafe De Baggis, Maurizio Carta, Michela Locati, Michele Boroni, Nicole Romanelli, Paola Borrione, Paolo Borraccetti, Paolo Iabichino, Raffaele Boiano, Simone Arcagni, Timothy Small, Valentina Manganaro, Valerio Bassan e Vera Gheno.