Festeggiamo la mamma senza farle la festa

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Dici donna, e devi leggere madre, lavoratrice, moglie/fidanzata, caregiver, tuttofare alla bisogna. Ovvero sempre. La figura femminile già investita di ruoli, aspettative, necessità di gran lunga superiori alle possibilità che una persona sola può immaginare di avere, nel corso di un 2020 annus horribilis per pandemia è stata gravata di talmente tanti compiti e difficoltà, che la prima risposta di “alleggerimento” concretamente applicata è stata quella… di farle perdere il posto di lavoro e lasciarla a casa.

È questo il quadro che emerge dal 6° Rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021”, diffuso in occasione della Festa della Mamma, da Save the Children – l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – sulle donne e madri in Italia.

I numeri sono impietosi. Se nel corso del 2020 a causa della pandemia, sono svaniti in totale 456 mila posti di lavoro (-2% rispetto al 2019), ad essere più colpite ancora una volta sono le donne, che hanno perso il proprio lavoro in 249 mila (- 2,5%) rispetto ai 207 mila uomini (- 1,5%). Nel solo periodo aprile-settembre 2020 il calo di lavoratrici in Italia è stato doppio rispetto alla media europea (il 4,1% a fronte del 2,1%) . In questo modo il divario di genere, che in Italia è sempre stato più ampio, è ulteriormente aumentato, e se nei paesi Ue27 il tasso di occupazione maschile supera di 11,2 punti percentuali quello femminile, in Italia la distanza è ora pari a circa 20 punti percentuali.

E così oggi risultiamo essere il Paese in cui il divario di genere nell’impatto della crisi pandemica è risultato il più elevato, con un gap di 1,7 punti percentuali tra uomini e donne. Un primato davvero triste, se guardiamo al versante delle donne, perché con un saldo delle occupate che segna un calo di -96 mila donne madri tra il 2019 e il 2020,  ben 77 mila in meno si registrano tra coloro che hanno un bambino in età prescolare, e -46 mila tra chi ha un figlio alla scuola  primaria (6-10 anni).

Come per tutte le altre questioni socio-economiche, l’emergenza sanitaria non ha fatto che esasperare una criticità preesistente perché, come spiega il Rapporto sul benessere equo e sostenibile 2021 dell’Istat, in Italia lo svantaggio delle madri occupate è evidente.  A causa della difficoltà, spesso insormontabile, di coniugare vita lavorativa e familiare, “la presenza di figli, soprattutto se in età prescolare, ha un effetto non trascurabile sulla partecipazione della donna al mercato del lavoro”. Considerando le donne tra i 25 e i 49 anni, nel secondo trimestre 2020, il tasso di occupazione per le donne senza figli è pari al 71,9% per scendere bruscamente al 53,4% per le donne e madri che hanno almeno un figlio fino ai 6 anni di età. E questo accade in un paese che vede ancora ridursi il tasso di natalità e aumentare l’età in cui una donna diventa madre.

La situazione di maggior difficoltà si osserva nel Mezzogiorno, dove lavora solo il 34,1% delle donne con figli piccoli contro il 60,8% del Centro e il 64,3% del Nord. E questi sono dati concreti  da tenere in considerazione anche quando si affronta il dramma della violenza sulle donne, che trova terreno fertile soprattutto nelle condizioni di dipendenza economica della donna e con una fragilità maggiore legata alla presenza dei figli, spesso motivo di accettazione e non denuncia di situazioni violente e potenzialmente pericolose .

Nel nostro Paese, il periodo pandemico per le 6 milioni di donne madri con figli minorenni ha significato dunque un ulteriore carico di lavoro domestico e di cura, che spesso ha comportato la perdita della propria occupazione, in un momento di grave crisi economica come l’attuale. Anche le donne, che hanno potuto mantenere la propria occupazione in smart working, hanno dovuto affrontare maggiori criticità rispetto ai colleghi uomini, registrando molti segnali di affaticamento, emotivo e psicologico.

“Le misure per creare un ambiente più favorevole alle mamme possono essere molte e coinvolgere diversi settori dell’intervento pubblico, su vari livelli di governo – spiega Save the children nel suo Rapporto –, ma devono seguire una politica organica per essere realmente efficaci. Ad oggi invece se il divario di genere nei tassi di occupazione è già alto nella popolazione generale, tra i genitori di figli minorenni registra livelli davvero troppo elevati”.

C’è inoltre da aggiungere che la quasi totalità delle madri che hanno perso il lavoro – 90 mila su 96 mila – erano già occupate part-time prima della pandemia. Una scelta, a volte obbligata, che nelle logiche lavorative spesso implica minori opportunità di fare carriera e di raggiungere posizioni e stipendi adeguati al proprio livello di preparazione e competenza.

Eppure fin dall’inizio del percorso di studi le ragazze conseguono risultati molto brillanti, a partire dalle scuole medie (si licenzia con 10 e lode il 5,5% delle ragazze rispetto al 2,5% dei ragazzi), per proseguire alle scuole superiori (il voto medio di diploma è 79/100 per le femmine e 76/100 per i maschi) e nell’ambito della formazione universitaria (le donne italiane laureate sono 4.277.599, pari al 56% degli oltre 7,6 milioni di laureati del nostro paese). Anche negli studi post-laurea, le donne rappresentano il 59,3% degli iscritti a un dottorato di ricerca, un corso di specializzazione o un master.

È al momento dell’accesso nel mondo del lavoro che le differenze cambiano radicalmente segno. In Italia,  le donne lavoratrici spesso svolgono mansioni per cui sarebbe sufficiente un titolo di studio più basso di quello che effettivamente possiedono e costituiscono solo il 27% dei dirigenti (in Europa il 33,9%). Del resto, la metà degli italiani è convinto che le donne, per raggiungere gli stessi traguardi degli uomini, debbano studiare molto più di loro (Rapporto Censis).

Secondo il Global Gender Gap Report 2020, nessuno di noi vedrà la parità di genere nella nostra vita, perché il traguardo potrà essere raggiunto soltanto tra circa 100 anni (con differenze tra i Paesi più avanzati e quelli meno). Un vero affare per le nostre nipoti e pronipoti, pandemie permettendo e a patto che l’impegno non venga mai meno.