Metti il jeans! A Genova si parlerà del futuro sostenibile e circolare del tessuto più famoso del mondo

jeans

Per produrre un solo paio di jeans occorrono più o meno 9500 litri d’acqua, utilizzati per immergere la stoffa in 15 vasche di tintura diversa. Ogni anno produciamo 2 miliardi di paia di jeans. Fate voi i conti.

Per fortuna la sostenibilità e l’economia circolare ormai mettono in discussione e ripensano tutto. Anche i nostri amati jeans. Se ne parlerà molto a Genova, città capitale mondiale del jeans, cui ha dato origine imprimendo un marchio che è durato nei secoli. L’idea è ambiziosa. GenovaJeans è una manifestazione globale che intende consacrare la città della Lanterna come luogo di esposizione e dibattito dedicato a una delle icone del nostro tempo. Non si tratta solo di una manifestazione, ma di un’occasione per porre Genova in prima linea nella ricerca globale di tecnologie tessili a basso impatto ambientale. Dal 2 al 6 settembre 2021 la prima edizione offre un ricco calendario tra mostre, musei, convegni, incontri, animazioni e spettacoli. Un progetto multiforme e ambizioso che inaugura la Via del Jeans, fil bleu che rilancia manifattura, moda, arte, commercio, ristorazione e cultura per promuovere il Made in Italy di qualità nel centro storico medievale dove dal milleduecento il jeans veniva prodotto, commercializzato e utilizzato. Una sorta di “Carnaby Street” genovese che unisce Via di Pré, Via del Campo e Via San Luca. Il Comune di Genova vuole valorizzare questa zona mettendo in campo un provvedimento che sosterrà gli affitti per le nuove attività commerciali, artigianali, della ristorazione e della cultura nel centro storico.

Secondo la Ellen MacArthur Foundation entro il 2050 se continuiamo così l’industria della moda consumerà un quarto del bilancio globale di combustibili fossili. Il settore è responsabile del 10% delle emissioni globali annuali di carbonio, più di tutti i voli internazionali e del trasporto. Non solo, secondo una ricerca pubblicata su Nature Reviews Earth and Environment, ogni anno vengono consumati 1500 miliardi di litri d’acqua, i rifiuti tessili superano i 92 milioni di tonnellate, la lavorazione e la tintura dei tessuti sono responsabili del 20% dell’inquinamento idrico industriale e il 35% delle microplastiche negli oceani è attribuibile ai lavaggi dei capi in fibre sintetiche. Ogni anno si perdono circa 500 miliardi di dollari per indumenti che vengono indossati a malapena, non donati, riciclati o che finiscono in discarica. Eppure, su quasi 100 milioni di tonnellate di tessili prodotti all’anno nel mondo, appena l’1 per cento viene riciclato: 980mila tonnellate. Il 15 per cento di queste si ricicla a Prato: 143mila tonnellate nel 2018. La città toscana è la capitale mondiale della trasformazione di materiali tessili post-consumo.

jeans

Anche la moda deve cambiare.

Deve farlo velocemente e bene.

Ma come?

Costruendo un modello produttivo capace di rigenerare l’equilibrio tra materia e consumi. La moda circolare comprende, quindi, vestiti, scarpe o accessori progettati, acquistati, prodotti e forniti con l’intenzione di essere utilizzati e circolare in modo responsabile ed efficace il più a lungo possibile e in seguito torneranno a far parte della biosfera senza apportarvi impatti negativi.

In pratica, si tratta di cambiare modo di pensare alla vita di un capo di abbigliamento o di un accessorio e di farlo considerando che i materiali da utilizzare nella moda circolare (così come nell’economia) possono essere di due tipi: biologici (o naturali) e tecnici. I primi sono quelli che possono essere inseriti di nuovo nella biosfera, i secondi sono i materiali il cui futuro prevede il riutilizzo e la valorizzazione, senza che però entrino di nuovo nella biosfera.

Da una parte recuperiamo cotone canapa, lana e non usiamo più derivati del petrolio per evitare le microplastiche. Dall’altra grazie alla bioeconomia siamo in grado di creare tessuti con il latte, il caffè, le arance.

Ma soprattutto dobbiamo riciclare, riusare, non sprecare.

Per fortuna la rigenerazione è oggi un concetto di moda

E conviene.

jeans

Secondo il Circular Fashion Report 2020 il business potenziale del mercato è di 5mila miliardi di dollari, il 67% in più dell’attuale valore della fashion industry. Segnali di una maggiore sensibilità da parte dei consumatori arrivano anche da Instagram, dove l’hashtag #sustainablefashion conta quasi 10 milioni di post.

Progettare il futuro del jeans nell’ottica della sostenibilità vuol dire coinvolgere i consumatori e i produttori verso scelte responsabili e consapevoli nel rispetto dell’ambiente. Il jeans verso un’impronta sempre più green non rinunciando alla qualità, ma sostenendo una sua maggiore definizione. L’ambizione di GenovaJeans è quella di restituire alla città il suo ruolo di patria del jeans e di guida nell’innovazione sostenibile del tessile per la salvaguardia del nostro pianeta.

Saranno presenti i più importanti produttori, da Candiani Denim a Diesel a Roy Roger’s. Nella sessione dedicata all’Economia Circolare del jeans interverranno Francesca Romana Rinaldi, SDA Bocconi, Marco Penazzi responsabile sviluppo e approvvigionamento tessuti QUID, Matteo Ward, Co-Fondatore Wråd, David Erba, Co-Founder e CEO di Green Chic, Marco Landi, Presidente Nazionale CNA Federmoda. Chiuderà la sessione Roberto Cingolani, Ministro della Transizione Ecologica.

La costruzione del futuro passa anche attraverso un paio di jeans.