La genesi dell’economia circolare

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Ormai, lo sappiamo, la circolarità delle risorse, delle materie prime, delle produzioni e dei prodotti in generale ha scollinato e bucato ogni resistenza, dubbio o contrapposizione, diventando una sorta di imprimatur su ogni tipo di economia possibile e reale che si intenda proporre per il nostro futuro.

Ma l’economia circolare è davvero spuntata dal nulla in questi ultimi anni o è un concetto che arriva da lontano? Lo racconta bene nelle sue lezioni online e nei suoi articoli Marco Frey, docente di economia e gestione delle imprese e direttore del gruppo di ricerca sulla sostenibilità all’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa nonché, presidente della Fondazione Global Compact Italia, organismo delle Nazioni Unite, e presidente di Cittadinanzattiva, organizzazione non-profit che promuove la partecipazione civica e la tutela della diritti dei cittadini.

Frey risponde a questa domanda recuperando parte di quella letteratura economica che ci segnala da tempo la medesima necessità: “Cominciò Malthus che, a fine ‘700, pose in evidenza le prospettive critiche di crescita di lungo periodo derivanti dalla scarsità di terreno necessario a sostenere il contestuale aumento della popolazione e del benessere”. Ma fu “nel pieno della grande crisi del XX secolo che, un altro economista, Harold Hotelling, pose l’enfasi sull’esaurimento delle risorse non rinnovabili, mostrando come il paradigma dello sviluppo fordista, basato su risorse esauribili, riproponesse il problema della conciliazione tra sviluppo e ambiente”. Per riferimenti più espliciti all’economia circolare bisogna invece arrivare a Kenneth E. Boulding che “poco più di 50 anni fa rappresentò la Terra come una navicella spaziale dotata di uno stock limitato di risorse: l’astronauta trova il suo spazio in un sistema ecologico circolare, che deve essere capace di una continua riproduzione di materia per minimizzare il consumo di risorse scarse”. I limiti del lavoro e dello sviluppo sono poi, come è noto, riflessioni fondamentali per diversi pensatori degli ultimi decenni, fino ad arrivare, prima della fine del secolo, al Factor 4 “di Von Weizsäcker che valorizza il concetto di disaccoppiamento tra uso delle risorse e crescita del benessere”.

L’economia circolare, insomma, circola da tempo. Anche se continua ad avere una serie di nodi irrisolti: “il primo è noto a tutti e riguarda l’end-of-waste. Ma ve ne sono altri che meritano di essere richiamati in un’ottica di mercato: l’inserimento di criteri di circolarità nei Criteri Ambientali Minimi (CAM), per utilizzare il Green Public Procurement (PP), l’affermazione di alcuni principi base nelle numerosissime etichette ecologiche di prodotto”. Ma, come spiega ancora Frey: “Il primo investimento da fare per quanto riguarda la trasformazione del modello di sviluppo all’insegna della circolarità è legata alla consapevolezza e all’empowerment dei cittadini-consumatori”. È questa la strategia “che dovrebbe essere fatta propria dall’Europa e dall’Italia”.

Oltre, ovviamente, a considerare la circolarità dalla testa: inutile parlare dell’economia circolare come di una delle principali sfide che la società deve affrontare per definire un nuovo modello di sviluppo, sostenibile e in grado di contrastare il cambiamento climatico, se non si parte da là dove i prodotti e gli oggetti in generale vengono pensati ancor prima di essere realizzati. Ovvero, dal pensiero, dal concepimento, insomma dal design. E parlare di design in economia circolare, soprattutto per quanto riguarda le imprese italiane, significa pensare a progettare: “Prodotti e servizi che nascano per essere circolari e che quindi utilizzino al massimo materie prime seconde o fonti rinnovabili, siano concepiti per essere disassemblabili, riciclabili, riutilizzabili al fine del ciclo di consumo. In una ricerca che abbiamo svolto come Scuola Superiore Sant’Anna è emerso che le imprese che ottengono grazie alla circolarità migliori risultati competitivi sono, subito dopo quelle (solo l’8%) che sono state capaci di perseguire la circolarità in tutte le fasi del ciclo di vita, quelle (15%) che si sono concentrate sul design. E gli esempi di imprese italiane che si sono proposte o hanno rilanciato il loro posizionamento sui mercati nazionali e internazionali su un nuovo design circolare continuano a crescere”.