La transizione delle città verso la sostenibilità ambientale

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Quali percorsi di sostenibilità si stanno compiendo nelle nostre principali città?

La transizione ecologica di un Paese fortemente urbanizzato come l’Italia passa – necessariamente – attraverso le città: è nei contesti urbani, infatti, che si giocano molte delle sfide ambientali della nostra epoca dal cambiamento climatico, al passaggio da un’economia lineare a quella circolare, fino alla crisi del rapporto uomo-ambiente, come quella rappresentata
dalla pandemia da COVID-19.

L’urbanizzazione, inoltre, è una delle principali tendenze globali del XXI secolo: oltre il 55% della popolazione mondiale vive in aree urbane, una percentuale che potrà raggiungere il 70% entro il 2050 con prevedibili impatti ambientali in termini di inquinamento, produzione dei rifiuti, consumo di suolo.

Proprio per questi presupposti, è utile leggere Città in transizione: i capoluoghi italiani verso la sostenibilità ambientale, il primo rapporto che analizza e valuta i percorsi e le strategie messe in atto dai 20 capoluoghi italiani, visti attraverso le lenti speciali dei singoli temi ambientali e sostenibili.

Realizzato dall’SNPA, Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente, istituito dalla Legge 132 del 2016, il documento analizza l’evoluzione nel tempo dei molteplici temi ambientali che regolano la vita quotidiana dei cittadini ai nostri giorni attraverso la prospettiva di tre differenti – ma allo stesso tempo interconnesse – chiavi di lettura: la vivibilità urbana, che indaga il rapporto ambiente e salute; la circolarità, volta ad analizzare l’efficienza nell’uso delle risorse naturali, dei materiali e dell’energia; la resilienza ai cambiamenti climatici, finalizzata a mettere a fuoco la capacità della città di reagire e adattarsi ai cambiamenti del clima. Il tutto nell’arco degli ultimi cinque anni. E le sorprese, sul cammino della sostenibilità, non mancano.

Le conclusioni del rapporto elencano quelle che sono le maggiori novità: avanza la mobilità sostenibile, con chilometri di piste ciclabili cittadine che raggiungono valori record a Torino, Milano e Bolzano, ma anche uno stile di vita più attento all’ambiente con l’aumento degli orti urbani in particolare a Napoli dove, dal 2011 al 2019, crescono del 1230%, da meno di un ettaro a circa 12.

Significativi progressi si registrano nel cambio di mentalità sul concetto di rifiuto che da scarto è sempre di più concepito come una risorsa. Tra tutti i capoluoghi è Trento a raggiungere la percentuale più alta di raccolta differenziata, ma gli aumenti più importanti nel periodo 2015-2019 si registrano a Catanzaro (+577,1%), Potenza (+214,7%) e Palermo che, pur rimanendo ancora su valori al di sotto del 20% (17,4%), segna un aumento di circa il 115%.

Le perdite idriche, la fragilità del territorio e l’uso poco sostenibile del suolo rimangono i veri talloni d’Achille.

La popolazione residente in aree a rischio idraulico medio varia significativamente dalle 191 persone di Potenza a quasi 183 mila di Firenze, mentre il consumo di suolo avanza senza sosta in quasi tutti i capoluoghi e le infrastrutture verdi non segnalano incrementi significativi. A questi problemi si aggiunge anche il rischio sinkholes (o sprofondamenti) ormai presente in quasi tutte le città italiane con Roma che, con un totale di 1088 eventi dal 2010 al primo semestre del 2021, si conferma la capitale italiana ed europea delle voragini.

Tra le note dolenti anche quella delle perdite idriche, che nel 2018 restano sempre elevate nella maggior parte delle città campione con alcuni casi in cui i valori superano il 50%. Anche se con valori altalenanti, sono solo 8 le città che riducono le proprie perdite con in testa Napoli che passa dal 41,2% del 2012 al 31,6% del 2018. Si conferma, quindi, alto lo spreco di una risorsa naturale che, specialmente in questo 2022, vediamo sempre più minacciata dal cambiamento climatico.

Se questa è la situazione in movimento, quali sono gli scenari sostenibili verso cui le nostre città dovrebbero tendere?

Le conclusioni del rapporto ci indicano alcune possibili vie: “Una città a misura d’uomo in cui l’asfalto lascia il posto – almeno in parte – ad alberi e prati, le persone prediligono spostarsi in bicicletta attraverso piste ciclabili sicure e disponibili oppure utilizzino sistemi in condivisione, come il car sharing, perché il cittadino non sarà più responsabile del fine vita dell’auto ma semplice utilizzatore di un servizio. È l’idea della città dei 15 minuti, modello di città sostenibile proposto nel programma elettorale della sindaca di Parigi Anne Hidalgo, poi ripresa anche nelle campagne elettorali dei sindaci di Milano e Roma, che ambisce ad una riorganizzazione degli spazi urbani per far sì che i cittadini possano trovare entro 15 minuti a piedi tutto ciò di cui hanno bisogno: lavoro, anche in co-working, scuole, servizi sanitari, luoghi ricreativi e di aggregazione”.

Oppure c’è il modello delle “città spugna” sperimentato in Cina, che promuove la capacità assorbente degli insediamenti urbani attraverso parchi, pavimenti permeabili o drenanti, edifici coperti di pareti e tetti verdi: qui l’acqua viene raccolta e conservata in modo da poter essere riutilizzata nei periodi di siccità.

O ancora le “cittàforesta”, prototipo delle città di nuova generazione, verdi e compatte, in grado di assorbire elevate quantità di anidride carbonica e inquinanti, limitare le richieste energetiche degli edifici, ridurre i fenomeni dell’isola di calore urbano e assicurare agli abitanti tutti i benefici pisco-fisici che solo la natura può fornire.

Esempi di soluzioni innovative come queste sono già disponibili, anche in Europa: da Barcellona, prima città flooding resilient al mondo grazie al suo Deposito de retencion de agua de lluvia, al quartiere resiliente di San Kjeld (Copenhagen), nato dalla riqualificazione di un’antica zona operaia della città, alle piazze d’acqua di Rotterdam che, in caso di alluvione, si trasformano in enormi bacini di raccolta dell’acqua mitigando il fenomeno del runoff e stoccando l’acqua in eccesso per l’irrigazione delle aree verdi circostanti.

Il rapporto cita anche la milanese City Life di Milano come “uno dei più vasti progetti di rigenerazione urbana in Europa, con il Bosco Verticale all’interno del Centro Direzionale di Milano, sono ormai luoghi e architetture simbolo di un’Italia che guarda al futuro”.